Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Santina Catanese, Responsabile Emergenza Territoriale Marche dello SMI (Sindacato Medici Italiani), in relazione alla carenza di medici nel sistema dell’emergenza territoriale

Gentile Direttore,                                                                                                                                                                     recentemente il Senato della Repubblica ha bocciato parecchi emendamenti al Decreto Semplificazione tra cui il 9.2, promosso dalle Commissioni riunite Affari Costituzionali e del Lavoro, al fine di garantire la “continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell’ambito del sistema di emergenza-urgenza”. Questo emendamento avrebbe permesso di stabilizzare chi, senza titoli, ha per diverso tempo lavorato con vari tipologie contrattuali presso i servizi di “emergenza-urgenza ospedalieri”.

È molto probabile che questo emendamento venga ripreso in un DdL parlamentare d’urgenza e, se non venisse modificato, il Parlamento italiano commetterebbe un grosso errore con il risultato ‘di riempiere le scrivanie’ degli avvocati e dei giudici in Italia.

Stante la carenza massiccia di medici, in modo particolare nei Pronto Soccorsi italiani, è imperativo trovare una soluzione e lo stanziamento di un numero alto di borse di studio sicuramente non sarà da solo sufficiente a colmare le lacune che negli anni si sono create in un sistema vitale ma in cui il governo ha scarsamente investito. Non si tratta solamente di “stabilizzare” i colleghi che, senza titoli e con svariati forme contrattuali, hanno lavorato e lavorano tutt’ora  nei pronto soccorso italiani, in quanto rimarrebbero esclusi quelli dell’emergenza preospedaliera, che rientra a pieno titolo nei servizi di emergenza-urgenza.

Lasciando fuori da ogni provvedimento legislativo l’emergenza territoriale si dimostra di non conoscere la realtà dei fatti, ovvero che nei pronto soccorso d’Italia lavora (anche e da molto tempo) personale convenzionato dell’emergenza/territoriale, sia con turni dedicati che in stand-by, oltre ai giovani medici co-co-co, che non avendo trovato sbocco nelle scuole di specializzazione, lavorano con contratti ai limiti della legalità.

La carenza strutturale di personale medico nei pronto soccorso non troverà nessuna soluzione con un provvedimento legislativo d’urgenza, anzi alimenterà la fuga stabile dei medici del 118 dal territorio ai pronto soccorso, con un depauperamento del sistema dell’emergenza territoriale. Infatti, la maggior parte dei medici del 118, specialmente i medici convenzionati, non trovando alcuna via d’uscita dal proprio contratto di precarietà della convenzione, parteciperà ai concorsi lasciando definitivamente l’emergenza territoriale.

I politici non hanno voglia di capire che la “convenzione” nell’emergenza territoriale, seppur a tempo indeterminato, rappresenta uno “status da precario a vita” e che i medici del 118 non vogliono più subire questa condizione.

La specializzazione in medicina d’urgenza in Italia è nata dopo un lungo e travagliato percorso in Parlamento con l’intento di soddisfare la richiesta di salute sia sul territorio che in ospedale grazie alla figura di un unico specialista esperto di emergenza extra e intraospedaliera.

Se il governo con le sue leggi promuovesse la crescita del medico specialista con ruolo unico, ci sarebbero dei vantaggi veri per il cittadino che riceverebbe cure appropriate da un medico unico evitando passaggi tra più professionisti.

Le Regioni dovrebbero adottare tutte lo stesso modello organizzativo almeno nei servizi di emergenza/urgenza. Ogni Regione individui, sulla base del decreto sugli standard qualitativi e quantitativi, la propria pianta organica del personale includendo anche il servizio dell’emergenza urgenza territoriale, attualmente garantito per lo più da personale medico convenzionato e che viene considerato esterno.

Se l’emergenza/urgenza territoriale venisse esclusa dai provvedimenti legislativi, essa sarebbe destinata a rimanere un corpo mutilato, a sé stante, e magari verrebbe appaltata a terzi. Molti medici dell’emergenza in tante Regioni d’Italia hanno abbandonato questo difficile lavoro, preferendo la medicina generale o prendendo altre strade. In un futuro non molto lontano i medici di strada scompariranno e saranno sostituiti mano mano da altre figure sanitarie e mediche.

L’esperienza sul campo ha un ruolo essenziale nella carriera di ogni professionista, ma la formazione deve essere il “pane quotidiano chi lavora in sanità”. Se il governo ha veramente a cuore la salute dei suoi cittadini e vuole valorizzare la professionalità acquisita direttamente sul campo dai medici dell’emergenza, produca un provvedimento legislativo, includendo la medicina di emergenza territoriale al fine di promuovere la crescita del medico nel ruolo unico.

È necessario che si aprano le porte alla scuola di specializzazione, senza borse di studio a tutti i medici convenzionati e non, che lavorano nei servizi d’emergenza ma che rimangono “ostaggi” dei loro contratti, senza alcuna possibilità di un avanzamento di carriera e di una crescita professionale.

Dott.ssa Catanese Santina

Medico E.T.

Responsabile Emergenza Territoriale Marche

SMI (Sindacato Medici Italiani)

 

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