Nella sentenza in commento si discute in materia di accettazione dell’eredità, in particolare di accettazione tacita. La Cassazione fornisce alcuni chiarimenti

La normativa di cui all’art. 475 c.c. e ss. prevede l’ipotesi di accettazione espressa dell’eredità quando la volontà di essere erede viene manifestata in modo diretto, con un atto formale, e l’ipotesi di accettazione tacita (di eredità) che si verifica quando la persona chiamata all’eredità compie un atto che implica, necessariamente, la volontà di accettare, e che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualità di erede.

La dottrina e la giurisprudenza concordano nel ritenere che presupposti fondamentali e indispensabili ai fini di una accettazione tacita sono: la presenza della consapevolezza, da parte del chiamato, dell’esistenza di una delazione in suo favore; che il chiamato assuma un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l’elemento intenzionale di carattere soggettivo (c.d. animus), sia l’elemento oggettivo attinente all’atto, tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere.

Le forme possibili di accettazione tacita

Di norma, poi, vengono considerate forme di accettazione tacita di eredità: a) la proposizione da parte del chiamato dell’azione di rivendicazione, oppure, l’esperire l’azione di riduzione, l’azione, cioè, volta a far valere la qualità di legittimario leso o, comunque, pretermesso dalla sua quota; b) l’azione di risoluzione o di rescissione di un contratto; c) l’azione di divisione ereditaria, posto che può essere proposta solo da chi ha già assunto la qualità di erede; d) la riassunzione di un giudizio già intrapreso dal de cuius o la rinuncia agli effetti di una pronuncia in grado di appello; e) il pagamento da parte del chiamato dei debiti lasciati dal de cuius col patrimonio dell’eredità; f) ed infine, secondo la dottrina più attenta, anche, la voltura catastale determinerebbe un’accettazione tacita dell’eredità, nella considerazione che solo chi intenda accettare l’eredità assumerebbe l’onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio legale della proprietà dell’immobile dal de cuius a sé stesso.

Ora, nel caso in esame, il Tribunale aveva escluso che le parti in causa potessero essere qualificare quali eredi del de cuisus.

Nessuno infatti, degli atti da questi posti in essere rientrava in alcuna delle fattispecie sopra richiamate. Piuttosto, come correttamente affermato dal giudice di primo grado: “Ai fini della accettazione tacita dell’eredità sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attesa la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere, in modo certo, l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione, infatti, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, legittimamente, può essere esclusa dal giudice del merito, a cui compete il relativo accertamento, il proposito di accettare l’eredità.

Peraltro, siffatto accertamento non può limitarsi all’esecuzione di tali incombenze, ma deve estendersi al complessivo comportamento dell’erede potenziale, ed all’eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell’eredità“. (Cass. 5275/1986).

La redazione giuridica

 

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