Una sentenza della Cassazione ha fornito chiarimenti sull’ esercizio abusivo del potere disciplinare e la possibilità di risarcimento che ne deriva

L’ esercizio abusivo del potere disciplinare può configurarsi come mobbing e sancire il diritto a un risarcimento?
Per la Cassazione – che lo ha affermato nella sentenza numero 30606/2017 – tale elemento, unito ad altri comportamenti persecutori, può costituire il diritto del lavoratore al risarcimento del danno.

Sempre secondo la Cassazione, l’ esercizio abusivo del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, posto in essere con il fine di estromettere il dipendente dell’azienda, è un comportamento che può contribuire a realizzare un’ipotesi di mobbing.

Nel caso di specie, la Corte ha rigettato il ricorso presentato da un datore di lavoro rispetto alla sentenza della Corte d’appello che lo aveva condannato.
La condanna era appunto a risarcire i danni da mobbing al proprio dipendente.
Questo era derivata da una molteplicità di fattori. Questi, nonostante i diversi aspetti contestati dall’azienda, hanno indotto i giudici a confermare la posizione già assunta dai giudici del merito.

Nello specifico il dipendente, oltre ad essere stato vittima di un esercizio abusivo del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, era stato spostato di reparto. Il tutto senza alcuna giustificazione e con pregiudizio patrimoniale.

E non è tutto. Il dipendente era stato emarginato con isolamento nell’ambito del lavoro ed era stato indotto a rassegnare le dimissioni da un intento evidentemente persecutorio dell’azienda.
Oltre a tali circostanze, in corso di causa era stato dimostrato anche il motivo alla base del mutamento di atteggiamento nei suoi confronti da parte della società.
Esso coincideva con la scelta del lavoratore di rivolgersi a un’organizzazione sindacale per la tutela dei propri interessi.
Alla luce di tutti questi elementi, e considerata l’incensurabilità della decisione della Corte d’appello, è stata confermata la condanna ai danni del datore di lavoro.
La Corte, peraltro, si era attenuta nell’esame della fattispecie ai parametri normativi elaborati in tema di mobbing dalla giurisprudenza di legittimità.
 
 
 
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