Secondo l’ANC occorrono meccanismi di sussidiarietà per estendere la riforma dell’età pensionabile anche agli iscritti alle casse di previdenza dei professionisti

L’Associazione Nazionale Commercialisti è stata audita presso la Commissione Lavoro del Senato per esporre le osservazioni inerenti al DL 4/2019, ora in sede di conversione. Il provvedimento ha per oggetto, nello specifico,  il Reddito di Cittadinanza e la riforma dell’età pensionabile. Il presidente Marco Cuchel e il consigliere nazionale delegato ai rapporti politici Miriam Dieghi hanno consegnato alla Commissione un documento esplicativo della posizione di ANC.

In tema di Reddito di Cittadinanza sono stati evidenziati dodici punti critici. Tra questi: le difficoltà nel verificare l’effettività dell’esistenza e della sussistenza dei requisiti, al fine di evitare quanto più possibile gli abusi. E ancora: il monitoraggio dell’operatività di Centri per l’impiego e soggetti accreditati, che dovranno gestire domande e fasi operative, nonché l’uso delle relative risorse disponibili.

Per l’Associazione, solo nel tempo  si potrà verificare l’andamento dell’efficacia della misura e formulare un giudizio sulla reale capacità di far incontrare la domanda con l’offerta e favorire in questo modo una ripresa economica.

Per quanto riguarda la materia pensionistica è stato posto l’accento sull’impossibilità di accesso al beneficio della cosiddetta “quota 100”  da parte degli iscritti alle casse di previdenza dei professionisti, per comprensibili ragioni di sostenibilità. È stata evidenziata, pertanto, la necessità, di prevedere meccanismi di sussidiarietà tra l’Istituto Nazionale e le Casse private per favorire l’estensione del diritto a tutti i lavoratori. Ciò anche per agevolare nuovi ingressi di giovani professionisti nel mercato e ottenere così una spinta occupazionale e uno svecchiamento della professione.

Relativamente a “opzione donna”, invece, sono state evidenziate le enormi penalizzazioni subite dalle lavoratrici, dipendenti e autonome. Quella che dovrebbe rappresentare un’agevolazione scelta liberamente, di fatto è una necessità dovuta all’assenza o all’inefficienza dei servizi di prossimità alla famiglia. Penalizzazioni ancor più ingiustificate, secondo l’ANC, in considerazione del  fatto che “opzione donna” è integralmente coperta dai contributi versati dalle lavoratrici. Pertanto è a costo zero per le casse dello Stato.

 

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