L’indagine “Valori ed etica del lavoro in sanità”, condotta da Fiaso e Rusan, restituisce un’immagine distante anni luce dalla rappresentazione mediatica di un settore in preda a scandali e corruzione

Gli operatori sanitari percepiscono ancora un senso nella propria attività; conoscono le regole anticorruzione ma qualcuno esprime dubbi sulla loro efficacia. E ancora negano che quelle di deviare i pazienti negli studi privati, di prescrivere farmaci inutili per proprio tornaconto, far saltare le liste d’attesa agli amici o accettare regali siano pratiche diffuse. Infine hanno nei propri dirigenti un esempio di rispetto dell’etica professionale; antepongono l’interesse del paziente a quello economico. Al contempo, sono convinti che l’uso ottimale delle risorse sia indispensabile alla tenuta dell’Ssn, per il quale sono orgogliosi di lavorare. E’ la fotografia dell’etica in sanità che emerge dall’Indagine “Valori ed etica del lavoro in sanità ” condotta da Fiaso e Rusan.

Un’immagine “distante anni luce dalla rappresentazione mediatica di un settore in preda a scandali e corruzione”. I risultati della ricerca sono stati presentati a Bologna nell’ambito di Exposanità.

L’indagine è stata condotta tramite questionario su un campione significativo di 1.542 operatori, impegnati in 24 aziende di 11 Regioni.

Il livello di condivisione delle domande è stato espresso con una scala di valore da 1 a 6, dove il valore più alto indica il livello massimo di condivisione.

Tale livello è pari a 1, ossia bassissimo, riguardo la perdita di senso della propria attività lavorativa per 534 operatori, contro i 128 attestati sul livello 6. Questo nella media. La perdita di senso è meno sentita tra i medici ospedalieri e del territorio, più tra quelli di medicina generale e gli infermieri del territorio.

Oltre mille operatori del campione hanno una conoscenza completa o comunque approfondita delle regole anticorruzione, contro i 68 che si attestano sul livello 1. Anche sulla loro utilità convergono molto in 483 e totalmente in 454.  Meno convinti sono i 137 e 260 professionisti che si collocano ai livelli 3 e 4, mentre in 29 sono niente affatto e in 57 poco convinti della loro efficacia.

Che la maggior parte di professionisti e dipendenti agisca senza un’etica del lavoro è idea totalmente non condivisa da 702 operatori del campione. E’ assai poco condivisa da altri 390. Mentre a pensarla così sono soltanto in 23.

Novecentotrentanove operatori escludono totalmente che ci sia una diffusa pratica di deviare i pazienti negli studi privati. Altri 236 e 107 si collocano sui livelli 2 e 3. In ogni caso l’idea di un fenomeno diffuso è di scarsa condivisione (24 operatori) e a crederci meno di tutti sono proprio i medici ospedalieri.

Gli stessi valori, in linea di massima, si riscontrano rispetto alle altre cattive pratiche: accettare regali, far saltare le liste d’attesa a parenti e amici, prescrivere farmaci inutili per tornaconto personale.

L’idea di un Ssn in crisi di identità non sembra trovare troppi proseliti tra chi ci lavora.

Tra chi si sente orgoglioso di profondervi le proprie energie figurano infatti 617 componenti del campione al livello massimo di condivisione, mentre 382 e 250 si collocano rispettivamente ai livelli 5 e 4. Solo in 28 dichiarano di non sentirsi affatto orgogliosi di farne parte.

L’orgoglio è più altamente sentito tra medici ospedalieri e del territorio, meno tra infermieri, tecnici e amministrativi. Il senso di appartenenza si rileva anche dinanzi al dilemma se passare al privato a parità di condizioni economiche. Passo che 841 del campione esclude senza ombra di dubbio, contro i 71 che accetterebbero.

 

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