I giudici della Cassazione sono tornati ad affrontare il tema concernente la possibilità di mantenere, anche dopo la sentenza di divorzio, il cognome dell’ex coniuge

La vicenda

Nel 2015 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto dai due coniugi nel 1972. Stabiliva l’obbligo di corresponsione in capo al marito di un assegno divorzile di 3.000 euro mensili in favore della ex coniuge e revocava l’assegnazione, già disposta in favore di quest’ultima, della casa familiare.

Ebbene, la donna con ricorso in appello si opponeva alla sentenza di primo grado chiedendo che l’assegno divorzile fosse rideterminato nella misura minima di 10.000 euro mensili, tenuto conto del pregresso tenore di vita e della rilevanza del patrimonio del marito.

Chiedeva, inoltre, il riconoscimento del diritto di conservare il cognome dell’ex coniuge, che avrebbe aggiunto al suo e la condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno non patrimoniale, nonché al versamento di una somma ulteriore destinata alla ricerca di una nuova e idonea sistemazione stante il rilascio della villa destinata in precedenza ad abitazione familiare.

La corte d’appello respingeva il gravame e così la vicenda proseguiva in Cassazione.

Interessante l’analisi della richiesta avanzata dalla donna in ordine alla volontà di mantenere il cognome del marito.

Ebbene, al riguardo, la corte territoriale si era già espressa in senso negativo, asserendo che nell’originaria domanda introduttiva non era stata provata la sussistenza di un interesse positivamente apprezzabile della stessa o dei figli tali da giustificare la richiesta.

La stessa questione è stata proposta dinanzi ai giudici della Cassazione, che hanno confermato il giudizio espresso nella sentenza impugnata.

Il diritto alla conservazione del cognome dell’ex coniuge

La L. n. 898 del 1979, art. 5, comma 3, stabilisce che “il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela“.

Orbene, la valutazione della ricorrenza delle circostanze eccezionali che consentono l’autorizzazione all’utilizzo del cognome del marito spetta unicamente al giudice del merito giacché “di regola non è ammissibile conservare il cognome del marito dopo la pronuncia di divorzio, salvo che il giudice di merito, con provvedimento motivato e nell’esercizio di poteri discrezionali, non disponga diversamente“.

Siffatto principio è stato espresso in una recente ordinanza della Prima Sezione Civile della Cassazione (n.21706 del 26/10/2015) ove si è anche ribadito che “la possibilità di consentire come effetti di carattere giuridico-formale, la conservazione del cognome del marito accanto al proprio, è decisione straordinaria che spetta al giudice di merito secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale, ma che non possono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica”.

Ebbene, nel caso in esame, la corte territoriale aveva compiutamente motivato il rigetto di quella istanza, tale da essere non più sindacabile in sede di legittimità.

La redazione giuridica

 

Leggi anche:

DIVORZIO: LE PRECISAZIONI DELLA CASSAZIONE SULL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui