I professionisti attestavano mediante false certificazioni le lesioni riportate dalle presunte vittime dei finti incidenti. Il tutto in cambio di cifre variabili tra i 160 e i 170 euro

Divieto di dimora e divieto temporaneo di esercitare la professione medica. Quattro camici bianchi sono stati colpiti da un’ordinanza cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere su richiesta della Procura della Repubblica. I professionisti avrebbero prodotto false certificazioni mediche a false vittime di incidenti stradali; sarebbero quindi partecipi di un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni di compagnie assicurative.

I reati contestati a vario titolo ai sanitari sono: simulazione di reato;  falsa testimonianza; falsa perizia o interpretazione; fraudolento danneggiamento dei beni assicurativi e mutilazione fraudolenta della propria persona; corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio; falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

L’inchiesta è partita dal sequestro, presso uno studio legale di Sessa Aurunca, di 37 fascicoli relativi a richieste di risarcimento danni per sinistri stradali. Le indagini, condotte dai carabinieri di Macerata Campania tra l’ottobre del 2016 e il maggio del 2017, hanno poi accertato l’esistenza di un gruppo di persone che organizzava truffe assicurative.

Il modus operandi era collaudato e si basava sulla prospettazione di fittizi sinistri stradali con lesioni personali alle parti coinvolte.

L’associazione si avvaleva di varie figure: referenti che impartivano direttive e raccoglievano la documentazione necessaria per avviare le pratiche di risarcimento per il tramite di studi legali; organizzatori dei falsi sinistri stradali che individuavano e reclutavano le parti da inserire, di volta in volta, nelle fittizie attestazioni di incidente; medici compiacenti.

Questi ultimi redigevano e rilasciavano fittizi certificati medici di pronto soccorso, spesso a favore di soggetti che non avevano mai effettuato accesso presso tali strutture. In cambio ricevevano somme di danaro variabili tra i 160 e i 170 euro.

Nel sistema erano coinvolti anche due “legali patrocinatori'”, ovvero professionisti che adivano la via giurisdizionale per persuadere le compagini assicurative della “legittimità” delle pretese. Il tutto nella piena consapevolezza della natura dolosa delle istanze risarcitorie.

In alcuni casi, per rafforzare il convincimento del perito o funzionario assicurativo di turno, la documentazione prodotta veniva consolidata ed integrata attraverso consulenze (ecografie e lastre radiografiche) redatte all’uopo da sanitari e tecnici compiacenti.

I ‘finti sinistri’ venivano risarciti con un compenso variabile in proporzione all’entità delle lesioni riportate dalle parti coinvolte e documentate nei referti medici. Complessivamente sono stati accertati 15 sinistri mai verificatisi, per un giro d’affari di circa 800.000,00 euro. Oltre ai destinatari della misura cautelare, risultano indagate ulteriori 30 persone.

 

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