Ci si aspettava che la fecondazione assistita grazie ai Lea, dopo la loro approvazione, fosse più semplice per le coppie infertili, ma così non è

Dopo la loro approvazione, nella scorsa primavera, si pensava a un incremento della fecondazione assistita grazie ai Lea, con una maggiore facilità di accesso per le coppie infertili. Ma non è ancora così.
Il progetto prevedeva che la fecondazione assistita grazie ai Lea sarebbe stata più omogenea in Italia. Il problema è l’assenza, a oggi, di un accordo sulla tariffa di rimborso alle strutture sanitarie che erogano le prestazioni,.
A dirlo è Francesco Tomei, responsabile del reparto S.S. di Fisiopatologia della Riproduzione umana e banca del seme e degli ovociti dell’ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone. Tomei è anche componente della sub commissione sui Lea per la Pma.
Ma a cosa è dovuta questa situazione?

Tutto questo accade, per Tomei, “perché la cifra proposta, pari a circa 1000 euro, viene giustamente ritenuta del tutto insufficiente per un pareggio di bilancio. Il rischio, se dovesse essere approvata questa somma, è che i centri pubblici chiuderanno”.

“Con 1000 euro – spiega Tomei all’Adnkronos Salute – non si coprono minimamente i costi necessari per erogare una prestazione di Pma di 2° livello”.
“Noi aspettavamo i Lea perché mettessero ordine in una situazione ‘a macchia di leopardo’, dove le varie Regioni italiane hanno agito con normative proprie, con costi e modalità differenti”.
Ma così non è stato. I nuovi Lea, infatti, entreranno realmente in vigore solo con i decreti sulle tariffe.
“Abbiamo lavorato con altre 3 Regioni – afferma Tomei – per produrre un documento che proponesse una cifra adeguata e siamo giunti a calcolare che 2.300 per un ciclo standard di Pma euro consentirebbero un pareggio di bilancio. Questo avveniva due mesi fa, ma voci di corridoio dicono che verrà invece confermata la cifra di 1000 euro”.
E non è tutto.
Tomei denuncia anche che fra i nuovi requisiti per l’accesso alla Pma è stato alzato il limite di età della donna. Quanto? “Da 43 a 46 anni, con un tetto di 6 cicli invece di 3, e altrettanti per l’eterologa oltre un numero non definito di cicli da ovociti/embrioni congelati”.

Un ostacolo che, se diventasse realtà, costituirebbe una criticità enorme.

“Molti centri chiuderanno, anche perché ai direttori generali se non raggiungono il pareggio di bilancio non viene rinnovato l’incarico; quelli che resisteranno saranno intasati dalle richieste; le liste di attesa si allungheranno arrivando anche a 4-5 anni (oggi sono circa di un anno), il calo demografico si aggraverà, si faranno sempre più fecondazioni eterologhe, soprattutto nel privato, perché le donne invecchieranno in attesa di poter provare ad avere un figlio”.
Non solo. Se infatti nelle Regioni italiane ancora vigono le precedenti regole, ma la fecondazione omologa viene erogata, “l’eterologa a carico del Ssn oggi viene assicurata solo in Toscana e da noi in Friuli”, evidenzia Tomei.
Una situazione che rischia decisamente di peggiorare.
“Senza un accordo sulla tariffazione in conferenza delle Regioni e poi Stato-Regioni – commenta Maria Paola Costantini, giurista e consulente della Società italiana della riproduzione umana (Siru) – è come se i nuovi Lea non fossero mai entrati in vigore”.
 
 
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1 commento

  1. grazie di questo articolo, finalmente qualcuno che spiega in modo chiaro perché i “nuovi” (nuovi di un anno fa!!!) Lea non possono ancora essere applicati.

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