In tema di pubblico impiego sussiste il diritto del ricorrente al pagamento delle ferie e dei riposi non goduti quando il lavoratore abbia provato di essere in malattia

Il diritto al compenso sostituivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, esiste quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a lui comunque imputabile e dunque, anche in caso di cessazione del servizio per infermità.
Questi due importanti principi sono stati richiamati dal Tar Sardegna nella sentenza in commento n. 211/2019, per la soluzione della controversia sorta tra un dipendente del Ministero della Giustizia e l’Amministrazione datrice di lavoro.

La vicenda

Un agente di polizia penitenziaria aveva presentato ricorso al Tar contro il Ministero della Giustizia, ed in particolare del Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria, Direzione della Casa Circondariale di Iglesias al fine di ottenere il riconoscimento del diritto alla monetizzazione delle ferie non godute nel periodo di riposo fruito per gli anni 2013 e 2014.
Il ricorrente dichiarava di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dal 1981 sino al 2014, data in cui era stato collocato a riposo.
Il collocamento a riposo era stato preceduto da un lungo periodo di malattia e, a seguito degli opportuni accertamenti sanitari era stato dichiarato permanentemente non idoneo al servizio nella polizia penitenziaria. Gli era stata quindi, preclusa la possibilità di godere di un periodo di ferie di 147 giorni complessivi; mentre l’amministrazione ne aveva autorizzato la monetizzazione per soli 53 giorni.
Presentava quindi, ricorso al Tar Sardegna, al fine di ottenere la corresponsione del restante dovuto.

La questione giuridica

La questione giuridica che i giudici amministrativi sono stati chiamati a risolvere è la seguente: si trattava di capire se il ricorrente avesse avuto diritto o meno alla monetizzazione del periodo di ferie non goduto, dal momento che il suo mancato godimento era dipeso da assenza continuativa dovuta a malattia.
Da parte sua, l’amministrazione convenuta difendeva la correttezza del proprio diniego affermando di aver liquidato il compenso sostitutivo in favore del ricorrente facendo corretta applicazione della disciplina di riferimento. Si trattava, nella specie, dell’art. 14 d.P.R. n. 395/1995; dell’art. 18 del d.P.R. n. 225/1999, nonché dell’art. 11 d.P.R. n. 170/2007 e della generale disciplina in materia di spending review nella pubblica amministrazione.
Ma per la difesa del ricorrente, ciascuna delle predette disposizioni, in assenza di una lettura costituzionalmente orientata, collideva con il principio della indisponibilità del diritto alle ferie sancito dall’art. 36 Cost.
Detto in altri termini, il precetto costituzionale – a detta del ricorrente – dovrebbe essere inteso nel senso che ove il lavoratore abbia prestato ininterrottamente la propria opera nel periodo di riferimento delle ferie, il compenso sostitutivo delle stesse spetta in ogni caso, a nulla rilevando l’esistenza di disposizioni che concedano, limitino o escludano il diritto all’equivalente pecuniario.

E aveva ragione!

Recentemente il Consiglio di Stato ha affermato che “il diritto al compenso sostituivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, anche in mancanza di una norma espressa che preveda la relativa indennità, discende direttamente dallo stesso mancato godimento delle ferie, in armonia con l’art. 36 Cost., quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a lui comunque imputabile e dunque, anche in caso di cessazione del servizio per infermità.
Ciò in quanto il carattere indisponibile del diritto alle ferie non esclude l’obbligo della stessa Amministrazione di corrispondere il predetto compenso per le prestazioni effettivamente rese, non essendo logico far discendere da una violazione imputabile all’Amministrazione il venir meno del diritto all’equivalente pecuniario della prestazione effettuata. Analoga conclusione deve trarsi ove le ferie non siano state fruite per cessazione dal servizio per infermità” (Con. Stato Sez. IV, n. 1580/2018).
In definitiva, il mancato godimento delle ferie non imputabile all’interessato non preclude di suo, l’insorgenza del diritto alla percezione del compenso sostitutivo.

Le ferie: un diritto indisponibile e irrinunciabile

Si tratta, infatti, di un diritto indisponibile e irrinunciabile, che per sua natura prescinde dal sinallagma prestazione lavorativa-retribuzione che governa il rapporto di lavoro subordinato e non riceve, quindi, una compressione in presenza di altra causa esonerativa dell’effettività del servizio.
Ulteriore conferma è contenuta nell’art. 5, comma 5 del d.l. 95/2012 il quale deve essere interpretato nel senso che il divieto di monetizzazione delle ferie residue non si applica nel caso in cui il dipendente non sia stato nella possibilità di fruire delle stesse a causa di malattia. (Tribunale di Torino, nella sentenza n. 1861/2016).
In conclusione il Tar Sardegna ha accolto il ricorso dell’ex agente di polizia penitenziaria e condannato l’Amministrazione a corrispondergli l’esatto dovuto.

La redazione giuridica

 
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