Chi sopravvive per poche ore (o anche soltanto per qualche decina di minuti) a un impatto esiziale, ha diritto ad essere risarcito? Ecco la risposta degli Ermellini.

Con la sentenza n. 4208/2017, la Cassazione si è occupata del fine vita nella sua accezione più ampia, diversa da quella ordinariamente immaginata da chi si cimenta con i progetti di legge in materia.

Chi sopravvive per poche ore, o anche soltanto per qualche diecina di minuti, a un impatto esiziale, ha diritto ad essere risarcito? Sul risarcimento del danno da morte in relazione al fine vita la sentenza in commento ha fornito dei chiarimenti importanti.

Ma prima, una premessa.

Per ‘ fine vita ’ si intende la porzione terminale dell’esistenza umana. Rispetto ad essa, il legislatore è sollecitato da più parti a introdurre norme volte a consentire una auto-regolamentazione del processo di accostamento alla morte così da rendere quest’ultima quantomeno ‘gestibile’ in prima persona dal soggetto interessato.

Questo, chiaramente, sempre nei limiti delle sue pur residue capacità psicofisiche oppure attraverso idonee disposizioni redatte a tempo debito e a futura memoria.

Ma cosa fare nel momento in cui un soggetto si ritrovi, all’improvviso, dinnanzi alla incombente prospettiva del decesso?

Come comportarsi laddove non si disponga di un tempo sufficiente non solo a realizzare quanto sta accadendo, ma anche a comprenderne il senso e quindi tutelarsi legalmente?

Di un caso simile si è occupata proprio la Cassazione, nel caso in cui un soggetto vittima di un sinistro stradale non era morto ex abrupto, ma dopo mezz’ora circa.

La questione diventa particolarmente spinosa laddove il momento sia stato vissuto dalla vittima con parte dei propri sensi ricettivi e percepito con una coscienza intatta, o perlomeno in grado di captare la gravità del contesto.

Da un punto di vista legale non vi sarebbero ostacoli a consentire l’ingresso di tale voce di danno tra quelle meritevoli di risarcimento.

Ciò in quanto il diritto si cristallizzerebbe nel patrimonio di un soggetto ancor vivo per poi, all’atto del di lui decesso, transitare iure hereditario nella sfera degli eredi.

Ma non si parla qui di danno da ‘perdita della vita’. A tal proposito, infatti, le Sezioni Unite hanno espunto dalla gamma dei danni ristorabili quello integrato dalla perdita violenta e istantanea della vita.

Qui però ci si trova dinnanzi all’ipotesi in cui il soggetto non era morto immediatamente,

ma a distanza di circa mezz’ora dal tragico impatto. E, in particolare, era consapevole del proprio stato terminale.

Ma per i giudici, il risarcimento per il danno da morte non si configura, come illustra nella sua accurata analisi sull’argomento l’Avvocato Francesco Carraro.

 

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