Una pronuncia del Tribunale di Bari fa il punto in merito alle buste paga firmate dal lavoratore e alla possibilità che queste rappresentino la prova dell’avvenuto pagamento.

Può la firma del lavoratore sulla busta paga costituire la prova dell’avvenuto pagamento?

Su questa delicata questione di diritto del lavoro si è pronunciato il Tribunale di Bari, con la sentenza n. 4754/2016.

Per i giudici, la firma del lavoratore sulla busta paga rappresenta un inizio di prova del pagamento di quelle somme. Inoltre, costituisce un idoneo supporto all’onere della prova incombente sul datore di lavoro.

Nel caso di specie preso in esame dai giudici, il protagonista era un dipendente.

Il soggetto aveva chiesto e ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti della propria ex datrice di lavoro, avente ad oggetto il pagamento delle quote di trattamento di fine rapporto asseritamente dovute.

Tuttavia, la società datrice di lavoro aveva proposto opposizione al suddetto decreto.

Ciò in quanto aveva evidenziato come il lavoratore in questione fosse stato “regolarmente e totalmente soddisfatto”.

La società datrice di lavoro, per sostenere le proprie argomentazioni, aveva prodotto gli originali delle buste paga relativi ai periodi lavorativi oggetto di contestazione.

La firma del lavoratore sulla busta paga, sottoscritte dallo stesso per quietanza (art. 1199 c.c.), erano per la società una prova dell’avvenuto pagamento.

Pertanto, il Tribunale ha aderito alle considerazioni svolte dalla datrice di lavoro. Così come ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo dalla medesima proposta.

Il giudice, infatti, ha sostenuto che le buste paga prodotte in giudizio erano state regolarmente sottoscritte dal lavoratore e, dunque, non potevano considerarsi dal medesimo contestate.

Inoltre, i Tribunale ha sostenuto che le buste paga in questione riportavano la seguente dicitura.

“Dichiaro che i dati riportati nel presente prospetto paga – si leggeva – sono rispondenti a verità e che appongo la mia firma per ricevuta dello stesso e dell’importo netto sopra evidenziato come netto da pagare”. Il tutto seguito dalla firma del lavoratore stesso.

Elementi, questi, che per il giudice rappresentavano un “indizio valido e inizio di prova del pagamento di quelle somme”.

Non solo. In assenza di altri elementi probatori, potevano essere considerate un “idoneo supporto dell’onere di prova incombente sul datore di lavoro”.

Pertanto, il giudice, “considerato il complesso dei dati probatori raccolti nel presente giudizio” ha accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla datrice di lavoro.

Questo è avvenuto aderendo all’orientamento giurisprudenziale secondo cui “in presenza di una busta paga sottoscritta, deve ritenersi sussistente una presunzione di corrispondenza della retribuzione percepita dal lavoratore rispetto a quella risultante dai prospetti di paga” (Cass. civ., sent. n. 9588 del 14 luglio 2011).

 

 

 

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