Per il Tribunale di Ascoli Piceno il male ingiusto derivante da frasi e gesti minacciosi deve essere idoneo a ingenerare timore nella parte offesa

“Fra poco vai alla tomba!”. Le parole, accompagnate da altre frasi e gesti minacciosi, non sono tali di integrare il reato di minaccia, previsto dall’art. 612 del codice penale.

Lo ha stabilito il Tribunale di Ascoli Piceno, pronunciandosi su una controversia insorta tra i residenti di una piccola frazione di montagna.

La vicenda era scaturita da un episodio futile. Una coppia aveva invitato il proprio vicino a uscire di casa per rimuovere una vettura che ostacolava il loro transito.

Quest’ultimo, a detta dei querelanti, avrebbe reagito con frasi e gesti minacciosi e ingiuriosi.

Nello specifico l’uomo avrebbe pronunciato le parole ‘fra poco vai alla tomba’ e ‘tanto tu qua non ci passi più’. Inoltre, avrebbe mimato con la mano il gesto del taglio della gola.

Il Giudice di Pace aveva dato ragione alla parte offesa, riconoscendo il reato di minaccia. L’uomo era stato pertanto condannato al pagamento di una multa e di un risarcimento, oltre alle spese di costituzione di parte civile.

A fronte di tale sentenza il condannato aveva quindi deciso di ricorrere al Tribunale chiedendo l’assoluzione con formula piena perché ‘il fatto non sussiste’.

Alla base del ricorso la considerazione secondo cui non tutti i tipi di minaccia possono essere considerati penalmente rilevanti. Vi sarebbero, infatti, minacce semplicemente colpose, di danno giusto, ma anche innocue, in quanto non superano la soglia di lesività.

Nel caso in esame le espressioni e i gesti attribuiti all’appellante rappresentavano secondo il legale di parte un semplice sfogo alla provocazione dei vicini.

Il comportamento, pertanto, non doveva essere ritenuto penalmente rilevante in quanto semplice esternazione di un disappunto.

Il Tribunale del capoluogo di provincia marchigiano, con sentenza n. 9/2017, ha ritenuto di aderire a tali argomentazioni, ribaltando la decisione di primo grado.

Il Giudice ha sottolineato come “elemento essenziale del reato di minaccia è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato, dal colpevole, alla parte offesa”

Il male ingiusto, tuttavia, secondo la giurisprudenza di legittimità deve essere dedotto dalla situazione contingente. Più specificamente risulta necessario il riferimento esplicito a un male ingiusto, “idoneo, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, ad ingenerare timore”.

Il Tribunale ha ritenuto la condotta dell’imputato priva di tali requisiti. Egli non avrebbe prospettato alla parte offesa “che lo avrebbe ucciso”. Si sarebbe invece limitato, semmai, ad invocarne o auspicarne la morte.

Il gesto del taglio della gola, invece, avrebbe rappresentato “una mera coloritura espressiva non idonea a conferire una portata apprezzabile alle parole cui si accompagnava”.

L’imputato, inoltre, era in età ben più avanzata rispetto alle parti civili e di corporatura tale da non denotare un’attitudine aggressiva. Tale circostanza confermava l’inidoneità delle sue parole e gesti a ingenerare timore.

 

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