I giudici della Cassazione hanno annullato la sentenza impugnata per mancata convalida dell’arresto di un uomo, sorpreso nell’atto di commettere un furto, dopo essersi introdotto clandestinamente nell’auto della vittima

Il Tribunale penale di Savona non aveva convalidato l’arresto già eseguito dalla polizia giudiziaria, a carico di un soggetto imputato del reato di tentato furto ai danni della vittima.

Quest’ultimo, secondo la ricostruzione dell’accusa, si era introdotto nell’auto appartenente alla vittima e, rovistando nello zaino ivi custodito, aveva cercato di impossessarsi del denaro e dei suoi effetti personali.

Ad avviso del giudicante, però, l’arresto non era consentito né da parte del privato, né da parte della Polizia, che non aveva assistito all’azione delittuosa, poiché non era configurabile lo stato di flagranza. Inoltre, non era configurabile nemmeno l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, atteso che l’azione delittuosa sarebbe stata eseguita su un oggetto che non è solitamente lasciato nel veicolo per necessità o consuetudine.

Avverso la predetta decisione proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica per violazione di legge.

Secondo la pubblica accusa si era di fronte ad una situazione di flagranza, che consentiva l’arresto da parte della polizia giudiziaria.

Cosicché la Cassazione è intervenuta a precisare la nozione dell’istituto in questione.

La flagranza di reato

Ai sensi dell’art. 382 c.p.p., “è in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”. Come chiarito dalle Sezioni Unite, con sentenza richiamata dal Tribunale di Savona, la flagranza è caratterizzata dalla contestualità tra il reato e l’accertamento di polizia, nel senso che la percezione del reato – da parte di chi procede all’arresto – deve essere diretta e non mediata da terze persone (neppure da parte della vittima).

La percezione è diretta, però, anche quando è desunta da fatti obiettivi, quali sono il possesso – da parte del reo – di “cose” che colleghino il soggetto al reato, ovvero quando vi siano “tracce” che consentano di stabilire lo stesso collegamento.

Dal che ne deriva che, per potersi parlare di flagranza, è sufficiente che siano desumibili, dal contesto, elementi che provino, inequivocabilmente, la commissione di un reato (per il quale è consentito l’arresto in flagranza) e di attribuirlo con certezza ad un soggetto determinato.

Lo ratio della norma – continuano i giudici della Cassazione – che comporta una deroga importante al principio di cui all’art. 13 Cost. è, infatti, quella di autorizzare un intervento repressivo immediato da parte delle forze di polizia – senza l’ordine del magistrato – allorché sia ridotto al minimo il pericolo di una ingiusta compromissione della libertà personale.

La decisione

Ebbene, nel caso di specie, l’indagato era stato sorpreso dalla persona offesa nell’atto di rovistare all’interno del suo zaino sito nella propria auto, per impossessarsi del portafoglio (intento effettivamente conseguito).

Fermato nella sua azione dal proprietario, questi era ancora sul posto quando sopraggiunsero gli agenti che lo trovarono in evidente stato di agitazione e lo trassero in arresto. A quel momento il portafoglio era già rientrato in possesso del proprietario, che l’aveva ripreso al ladro.

Questi sono tutti elementi probanti del nesso tra il reato e il suo autore, su cui si fonda la flagranza. L’ordinanza impugnata è stata quindi annullata, limitatamente alla mancata convalida dell’arresto.

La redazione giuridica

 

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