Accanto ad una genitorialità biologica esiste, nel nostro ordinamento, una “genitorialità affettiva e psicologica” oggetto di specifica disciplina nella legge n. 40/2004

Lo ha affermato il Tribunale di Genova, investito di una causa intrapresa da due ricorrenti, entrambe madri di una bambina nata dalla loro unione sentimentale e affettiva, contro il rifiuto dell’ufficiale di stato civile all’iscrizione dell’atto di nascita nei registri dell’anagrafe. Ha così affermato che la genitorialità della madre non biologica e dunque la genitorialità affettiva esiste e va riconosciuta nel nostro ordinamento. Dall’estate del 2012 le due donne avevano intrapreso un percorso di stabile relazione sentimentale.

I fatti

Convivevano insieme nella casa dell’una con l’intento di realizzare una famiglia insieme e dunque, di avere un figlio, le due donne che, nel dicembre del 2016 si rivolgevano ad una clinica in Barcellona, al fine di iniziare la “fecondazione in vitro reciproca con congelamento embrionario con ovociti ottenuti da una delle pazienti (paziente donatrice) e trasferimento embrionario nell’utero della compagna (paziente ricevente)”.

Le due aveva convenuto, infatti, che l’una si sarebbe sottoposta alla stimolazione ovarica, al fine di poter fecondare i suoi ovuli, mentre l’altra avrebbe ricevuto l’embrione fecondato e così, avrebbe portato avanti la gravidanza.

Nel febbraio 2017 gli ovuli della prima venivano fecondati con gli spermatozoi di un donatore anonimo e cosi nel dicembre dello stesso anno, nasceva presso l’Ospedale San Martino di Genova, la bambina, figlia delle due ricorrenti.

Tuttavia, al momento della presentazione dell’istanza di riconoscimento della doppia maternità al Comune di Genova, con tanto di indicazione nel certificato di nascita, l’ufficiale di stato civile si rifiutava di iscrivere la bambina all’anagrafe.

Indi il ricorso dinanzi al giudice ordinario.

L’azione davanti al Tribunale civile

Il Tribunale di Genova, investito della predetta causa, rammenta che secondo la giurisprudenza di merito nell’ambito di situazioni di adozioni di bambini da parte di coppie omosessuali, “nell’ipotesi di minore concepito e cresciuto nell’ambito di una coppia dello stesso sesso, sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sulla adozione in casi particolari ex art. 44 lett. d) della Legge 4 maggio 1983, n. 184, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l’interesse concreto del minore al suo riconoscimento; la sussistenza di tale rapporto genitoriale di fatto e del conseguente superiore interesse al riconoscimento della bigenitorialità devono essere operate in concreto sulla base delle risultanze delle indagini psico-sociali”.

Anche la Suprema Corte di Cassazione ha aderito e fatto proprio questo indirizzo giurisprudenziale, con la sentenza 26 maggio 2016, osservando che l’ipotesi di adozione in casi particolari ex art. 44 lett. d) della Legge 4 maggio 1983, n. 184, può trovare applicazione anche in caso di impossibilità giuridica di affidamento preadottivo per non essere il minore dichiarato in stato di abbandono sussistendo un genitore biologico che ne ha cura; la norma può pertanto trovare applicazione anche nel caso in cui sussista l’interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instauratosi con l’altra figura genitoriale sociale, seppure dello stesso sesso.

In ambito legislativo è intervenuta la legge n. 76 del 2016 che ha fatto rientrare nel concetto di famiglia anche le coppie formate da persone dello stesso sesso, ove sussistenti vincoli affettivi, con l’articolo I comma 20: “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184”.

La decisione di merito

Alla luce di queste considerazioni, – aggiunge il Tribunale del capoluogo ligure – deve richiamarsi anche la giurisprudenza di merito, ormai sempre più orientata in questa direzione, ossia verso l’evoluzione del diritto di famiglia italiano, con riferimento specifico alla determinazione dello status filiationis e, dunque, dei diversi modelli di genitorialità che ad esso possono dare luogo e rispettivamente, quella da procreazione naturale, quella adottiva, e quella da procreazione medicalmente assistita. In merito, a tale ultimo modello di genitorialità, nell’ambito della quale assume importanza centrale la consapevole assunzione di responsabilità genitoriale all’atto di intraprendere un percorso di procreazione assistita, deve dirsi che “l’elemento volontaristico/consensuale è assolutamente preminente rispetto al dato della derivazione genetica ai fini della determinazione della filiazione e dell’acquisizione dei relativi status” e, pertanto, accanto ad una genitorialità biologica esiste, nel nostro ordinamento, una “genitorialità affettiva e psicologica” oggetto di specifica disciplina nella legge n. 40/2004, con riguardo agli effetti del consenso alla tecnica di p.m.a. sulla determinazione della filiazione disciplinati agli artt. 6, 8 e 9, modalità di determinazione della filiazione inserita in un percorso evolutivo del nostro ordinamento che, anche in relazione alla genitorialità biologica, ha riconosciuto rilievo sempre maggiore non solo e non tanto alla salvaguardia di situazioni di fatto consolidate, ma anche alla loro conservazione sulla base del consenso dei soggetti interessati, richiamando anche i principi sottesi alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 272/17 per cui l’eventuale illiceità della tecnica procreativa cui si sia fatto ricorso non cancella automaticamente l’interesse del minore alla conservazione dello status così acquisito, tanto che la legge n. 40/2004 facendo discendere la determinazione della filiazione al consenso alla tecnica, indipendentemente dalla sua liceità in attuazione dei principi fondanti l’unicità dello status di figlio nella riforma della filiazione.

La non contrarietà all’ordine pubblico dell’omogenitorialità, l’evoluzione del diritto di famiglia, la più ampia tutela riconosciuta alle unioni affettive diverse dal matrimonio, sia eterosessuali che omosessuali, costituiscono il perno di diverse sentenze di merito secondo cui l’omogenitorialità si inserisce nelle diverse forme di esercizio dell’autodeterminazione affettiva e familiare riconosciute dal nostro ordinamento, per cui (…) “nel caso di minore nato … da coppia omosessuale, in seguito alla fecondazione medicalmente assistita eterologa con l’impianto di gameti da una donna all’altra, l’atto di nascita del fanciullo può essere trascritto in Italia poiché, nel caso in questione, non si tratta di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente ma di garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da diverso tempo, nell’esclusivo interesse di un bambino che è stato cresciuto da due donne che la legge riconosce entrambe come madri. Assume rilievo determinante la circostanza che la famiglia esista non tanto sul piano dei partners ma con riferimento alla posizione, allo status e alla tutela del figlio. Nel valutare il best interest per il minore non devono essere legati fra loro, il piano del legame fra i genitori e quello fra genitore-figli; l’interesse del minore pone, in primis, un vincolo al disconoscimento di un rapporto di fatto, nella specie validamente costituito fra la co-madre e un figlio” (v. Corte d’Appello di Torino, sezione famiglia, decreto del 29 ottobre 2014).

In conclusione e conseguenza, la genitorialità della madre non biologica deve avere un riscontro anche formale nel certificato emesso dallo Stato Civile, a cui consegue e che consente quella stessa tutela che hanno i figli di coppie eterosessuali, nelle ipotesi come quella in esame, per cui deve essere accolta la richiesta di rettifica.

Pertanto, va dichiarato illegittimo il rifiuto dell’Ufficiale dello stato civile del Comune di Genova alla trascrizione dei registri dell’anagrafe dell’atto di nascita della bambina, figlia delle due ricorrenti.

Avv. Sabrina Caporale

 

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