Dall’analisi della Fondazione Gimbe sul testo approdato al Senato emergono più risorse per ridurre tempi di attesa e edilizia sanitaria, ma misure insufficienti per contratti e sblocco turnover

Un ‘paniere’ più ricco per la sanità ma risorse insufficienti per il personale. Questo, in sintesi, il giudizio della Fondazione Gimbe sul testo della Manovra approdato al Senato per quanto riguarda la sanità.

Il provvedimento contiene la previsione di un incremento di 200 milioni di euro per fare fronte alle liste di attesa. Aumentano di ulteriori 2 miliardi le risorse per edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico. D’altro lato però non ci sono risorse vincolate per i rinnovi contrattuali, né la rimozione dei vincoli di spesa per sbloccare il turnover. Nessuna traccia anche dell’emendamento per la riduzione del superticket.

Da qui l’esortazione del Gimbe a considerare l’adozione di misure per il personale. La Fondazione, inoltre, invita tutti ad un “sano realismo” perché le risorse certe sono solo quelle per il 2019. I 3,5 miliardi previsti per il 2020-2021 rimangono invece legati “ad ardite previsioni di crescita economica”.

“Desideriamo portare all’attenzione dell’opinione pubblica e della politica le nostre analisi e proposte per contribuire al dibattito parlamentare conclusivo”. Ad affermarlo è il presidente della Fondazione Gimbe, che sottolinea l’impossibilità di ottenere un’audizione formale in Commissione Bilancio.

L’analisi Gimbe da un prospetto aggiornato sulle cifre.

“Le dichiarazioni informali rilasciate tramite social, stampa e Tv – rileva la Fondazione – riportano dati parziali e incompleti, spesso utilizzati per strumentalizzazioni politiche”.

Tra i principali passi in avanti compiuti dalla Manovra rispetto al finanziamento pubblico della sanità figura l’aumento dei Fondi per la riduzione dei tempi di attesa. I 150 milioni di euro previsti per gli anni 2019-2021 diventano 350: 150 per il 2019 e 100 l’anno dal 2020. “È bene ribadire – spiega Cartabellotta – che si tratta di risorse vincolate a implementazione e ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica”. In altri termini, le Regioni non potranno utilizzarle per assunzione di personale o acquisizione di prestazioni sanitarie da soggetti privati.

Quanto ai programmi di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico il fondo aumenta complessivamente di 4 miliardi. “Una cifra indubbiamente rilevante – commenta Cartabellotta – ma troppo diluita nel tempo, visto che saranno nella disponibilità delle Regioni solo 100 milioni/anno per il 2021 e 2022, 400 milioni/anno dal 2023 al 2031 e 200 milioni nel 2032”.

Il testo della Manovra conferma poi i due fondi (500 milioni ciascuno) per farmaci innovativi e innovativi oncologici. I finanziamenti saranno trasferiti nello stato di previsione del Mef nell’ambito del finanziamento del Fondo sanitario nazionale cui concorre lo Stato.

Tuttavia, a fronte di conferme e passi avanti, secondo la Fondazione rimangono purtroppo ancora disattese inderogabili necessità per la tenuta del Ssn. In particolare quelle che riguardano il personale.

Nello specifico, gli spiragli intravisti dopo lo sciopero dei medici sui rinnovi contrattuali non si sono al momento concretizzati in risorse dedicate. Infatti, per la dirigenza, a partire dal triennio 2019-2021 l’indennità di esclusività concorrerà alla determinazione del monte salari, ma rimarrà nel Fsn indistinto. Inoltre, non vi è nessun riferimento alla retribuzione individuale di anzianità.

In tema di sblocco del turnover sono stati respinti gli emendamenti che proponevano di modificare il tetto di spesa per il personale, fissato all’ammontare del 2004 diminuito dell’1,3%. Nell’ambito dei Nuovi Lea, poi, non è presente alcuna nessuna proposta per sbloccare i nomenclatori tariffari ‘ostaggio’ del Mef per mancata copertura finanziaria. Infine non ha visto la luce l’emendamento per rifinanziare il fondo per ridurre il superticket.

Da qui le proposte avanzate dal Gimbe. La Fondazione, in particolare, suggerisce due ulteriori spunti per il dibattito parlamentare. In primis, distribuire equamente nel quinquennio 2019-2023 i 327,7 milioni stanziati per le borse di studio delle scuole di specializzazione. In tal modo si assicurerebbero nel 2023 ben 2.600 (invece che 900) nuovi specialisti. E ancora, spostare sulle Regioni i costi organizzativi del corso di formazione specifica in Medicina generale. Tale misura consentirebbe di aumentare il numero di borse da circa 250 a 290 l’anno.

 

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