Per la Cassazione la competenza del giudizio di divorzio spetta al Tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio

Il certificato anagrafico prodotto nel giudizio di divorzio ha valore meramente presuntivo in ordine alla dimora abituale del coniuge. Esso pertanto non è sufficiente a dimostrare il trasferimento presso altra città per motivi di lavoro.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con l’ordinanza n. 17294/2018. Gli Ermellini sono stati chiamati a pronunciarsi su un conflitto di competenza che scaturiva dalla domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio proposta da un uomo nei confronti della moglie.

 Il marito si era rivolto al Tribunale di Gela, che tuttavia si era dichiarato incompetente in quanto la donna risultava avere la residenza anagrafica ad Udine.

Il Tribunale di Udine a suo volta aveva negato la propria competenza. Secondo il Giudice, dalle formali risultanze anagrafiche non risultava che la donna dimorasse abitualmente su quel territorio.

La signora aveva mantenuto la residenza presso il capoluogo friulano in funzione dell’iscrizione nelle liste di collocamento, nella speranza di trovare lavoro.

Pertanto vi si recava solamente una volta al mese al fine di sottoporsi a controlli sanitari, per poi  fare ritorno in Sicilia, dove vivevano i figli.

La Cassazione, investita della questione, ha chiarito che, nella fattispecie in questione, la competenza spetta al Tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio.

Per residenza si intende il luogo in cui il coniuge convenuto ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi. Il domicilio, invece, si identifica con il posto in cui ha la sua dimora abituale.

Per la Suprema Corte, ai fini dell’individuazione della residenza, le indicazioni emergenti dalle risultanze anagrafiche danno luogo a una mera presunzione. Questa è superabile alla stregua di altri elementi quali atti e dichiarazioni che evidenzino in concreto la diversa ubicazione della dimora della parte.

Secondo i Giudici di Piazza Cavour, quindi, il Tribunale di Gela aveva sbagliato a dichiararsi incompetente. Il Giudice si era infatti limitato a dare risalto al certificato anagrafico, senza invece tenere conto degli altri elementi allegati dal ricorrente. Questi evidenziavano  che la dimora abituale della moglie era rimasta in Sicilia così come il centro dei suoi interessi e delle sue relazioni. Una circostanza peraltro confermata dalla stessa donna

Viceversa la natura tutt’altro che continuativa della presenza della donna a Udine consentiva di escludere la sussistenza della residenza e del domicilio.

 

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