La vicenda in commento è interessante perché si occupa di un tema molto spesso mal interpretato: gli agenti di polizia municipale che non sono in servizio e che pertanto vestono abiti civili, possono accertare le violazioni al codice della strada?

La vicenda

Il ricorrente aveva proposto ricorso per la cassazione della sentenza del tribunale di Modena che, confermando la pronuncia del giudice di pace della stessa città, aveva, a sua volta, rigettato l’opposizione al verbale di polizia municipale elevato nei suoi confronti, per avere effettuato un sorpasso a velocità non adeguata in prossimità di un’intersezione.
La causa è stata decisa in camera di consiglio dalla Sesta Sezione Civile della Cassazione con l’ordinanza n. 2748 depositata il 30 gennaio 2019.
Con un primo motivo di impugnazione, il ricorrente lamentava il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 57 c.p.p., comma 2, lett. b), e alla L. n. 65 del 1986, art. 5, comma 1, lett. a), posto che l’impugnato verbale di contestazione era stato redatto dal comandante della polizia municipale mentre era fuori servizio e vestiva abiti civili.
Tale circostanza, già dedotta dinanzi al giudice di primo grado, a detta del ricorrente, rendeva illegittima la sanzione irrogata per essere stata resa da un appartenente alla Polizia Municipale che non era in servizio al momento dell’accertamento della pretesa trasgressione.

La decisione della Cassazione

Nella sentenza impugnata l’adito tribunale aveva operato una distinzione tra gli agenti di polizia giudiziaria e gli “altri corpi”, diversi dai primo, tra cui i corpi di polizia municipale, i quali opererebbero su tutto il territorio nazionale e sarebbero sempre in servizio.
Tale affermazione – per i giudici della Cassazione – è palesemente errata in quanto, in primo luogo, la polizia giudiziaria non è un corpo, bensì una funzione; in secondo luogo, affermare che gli appartenenti ai corpi di polizia municipale opererebbero su tutto il territorio nazionale e sarebbero sempre in servizio – si pone in contrasto con l’orientamento espresso dalle sezioni civili della stessa Suprema Corte, tra le quali, la sentenza della Cassazione penale n. 35099/2015, ove si è affermato che “Gli appartenenti alla polizia municipale, ai sensi dell’art. 57 c.p.c., e della L. 3 luglio 1986 n. 65, art. 5, hanno la qualifica di agenti di polizia giudiziaria soltanto nel territorio di appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono in servizio e ciò a differenza di altri corpi, quali la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di finanza etc., i cui appartenenti operano su tutto il territorio nazionale e sono sempre in servizio.
I predetti, quindi, possono accertare tutte le violazioni in materia di sanzioni amministrative e fra queste anche quelle relative alla circolazione stradale purché si trovino nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza ed alla condizione che siano effettivamente in servizio“.
Il ricorso è stato, perciò, accolto e la sentenza impugnata, cassata con rinvio al tribunale di Modena per un nuovo esame di merito.

La redazione giuridica

 
Leggi anche:
POSTAZIONE FISSA PER IL CONTROLLO DELLA VELOCITA’: QUANDO E’ VALIDA LA MULTA?

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui