In Italia la media dell’abbandono scolastico è molto al di sopra di quella europea. Mentre il Governo combatte contro questa piega annosa, cosa succede a quel 17% di ragazzi che lascia prematuramente la scuola?

Lauro Mengheri su abbandono scolasticoPartiamo da un dato: l’abbandono scolastico, in Italia, si aggira attorno al 17%. Una percentuale altissima, soprattutto se messa a confronto con quella Europea che si attesta attorno al 12%. Il dato di casa nostra è ancora più allarmante se si considera che secondo la Strategia Europa 2020 la percentuale di abbandono scolastico deve scendere al di sotto del 10%, mentre deve salire almeno al 40% il numero di giovani con diploma di laurea.

Realisticamente, ci spiega Lauro Mengheri presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, «l’obiettivo è quello di cercare di arrivare almeno al 16%. La realtà è che non riusciamo a mettere in atto una serie di strategie che ci sono, ma che sono molto complesse».

Insomma, le idee ci sono, il problema è metterle in atto con i pochi soldi a disposizione. Questo perché un’azione ottimale, ci spiega ancora l’esperto, deve essere ampia, coordinata e stratificata: «l’abbandono scolastico si combatte con una azione di contesto. O agisci sul contesto, sull’ambiente, o l’abbandono scolastico rimane tale».
Ma sia ben chiaro: non si tratta di un’operazione da portare a termine solo perché ce lo chiede l’Europa. «La sanzione più grossa è quella autoindotta: se non si fa riduzione di abbandono scolastico i costi sono impressionanti, anche sul piano sanitario» ci spiega il dott. Mengheri.

Ma quali sono le conseguenze dell’abbandono scolastico? E che danni comporta nei giovani?
Si deve partire dal presupposto che ci sono importanti differenza dovute all’età dei soggetti che abbandonano gli studi (un fattore che si modifica molto anche in base all’indicazione geografica del fenomeno).
«L’età è fondamentale, perché, a regola di norma, un ragazzino che abbandona la scuola non può rimanere “disperso”. Qualcosa dovrebbe comunque fare da un punto di vista della formazione, anche al di fuori dell’ambiente scolastico. La realtà è che poi, si fatica molto a far rispettare queste indicazioni» spiega il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana.

«In questo senso, quindi, il contesto ambientale entro cui avviene l’abbandono scolastico diventa di fondamentale importanza. Il rischio è che, con il verificarsi dell’abbandono scolastico, questi ragazzini facciano devianza o finiscano in circuiti non propriamente sani e legali; in alcuni casi si sviluppano persino sintomatologie importanti».
Parlando di sintomatologie specifiche, il dott. Mengheri ricorda poi che «non si può negare che, a volte, anche i disturbi clinici concorrono all’abbandono scolastico». Va, però, in questa direzione la direttiva sui bisogni educativi speciali (BES) emanata a dicembre del 2012.

Insomma, «non tutti gli studenti sono uguali, dobbiamo essere in grado di personalizzare la didattica anche – e soprattutto – laddove ci sono delle difficoltà perché quello dell’abbandono scolastico è un tema che ha un costo sociale immenso e che grava sui ministeri, e per questo ce ne occupiamo a livello stratificato. Al momento c’è anzi una grande sinergia tra Ministero e il Consiglio Nazionale degli Psicologi: ci sono dei tavoli di concertazione anche ministeriali ai quali stiamo partecipando tutti nell’unico interesse dei ragazzi che, senza dubbio, in questo momento storico sono in difficoltà».

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