La Corte di Cassazione, sezione feriale (Presidente R.M. Blaiotta – Consigliere estensore D. Gallo) pronunciandosi in sede cautelare, con la sentenza n. 39541 depositata in data 23 settembre 2016,  ha affrontato il tema del prelievo forzoso di  ovociti dall’utero di una donna, confermando come la su menzionata condotta configuri il reato di violenza privata e non di rapina.

I fatti da cui prende le mosse il procedimento de quo riguardano il prelievo di ovociti dall’utero di una donna, contro la sua volontà e al fine di procedere all’impianto di embrioni in altre pazienti.

Con ordinanza resa il 25.5.2016, il Tribunale di Milano, a seguito dell’istanza di riesame avanzata nell’interesse di un noto ginecologo, confermava la misura cautelare  degli arresti domiciliari applicata dal Gip di Milano, con l’ordinanza emessa il 9.5.2016, pur escludendo il reato di rapina e derubricando lo stesso in quello di violenza privata.

Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione sia il P.M. che l’indagato.

Per decidere sulla questione i Supremi giuridici  partono dalla definizione del reato di rapina, previsto e punito dall’art. 628 c.p., in base al quale  viene punita la condotta di “chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”.

Ebbene, secondo la giurisprudenza, per cosa mobile, in base alla nozione desumibile dall’art. 624 c.p., si deve intendere qualsiasi entità di cui in rerum natura sia possibile una fisica detenzione, sottrazione, impossessamento od appropriazione e che a sua volta possa spostarsi da un luogo all’altro o perché ha l’attitudine a muoversi da sé oppure perché può essere trasportata da un luogo all’altro.

In base a quanto affermato dalla stessa Corte nella sentenza n. 20647 del 2010 la qualità di cosa mobile può essere attribuita anche alla cosa che sia stata mobilizzata ad opera dello stesso autore del fatto mediante la sua avulsione o enucleazione.

Appare evidente, pertanto, che il concetto di cosa mobile non possa trovare applicazione con riferimento a parti del corpo umano sino a quando la persona è in vita, come ha affermato correttamente nel caso de quo il Tribunale del riesame,  e non sono state separate dal corpo, facendo l’esempio del rene una volta espiantato.

Per gli Ermellini non si può pervenire ad una conclusone diversa neanche con riferimento alla particolare natura degli ovociti prodotti nel corpo della donna e destinati ad essere espulsi o trasformati mediante la fecondazione ed è discutibile se gli stessi possano essere assimilati agli organi del corpo umano.

Certamente gli ovociti fanno parte del circuito biologico dell’essere umano e da ciò discende che non possono essere considerati “cose”, solo temporaneamente detenute dalla donna  all’interno del proprio corpo.

La conseguenza di tanto è che il prelievo forzoso degli ovociti dall’utero della donna non rientra nel novero dei delitti contro il patrimonio, come la rapina, ma costituisce un delitto contro la persona, che correttamente il Tribunale ha qualificato ex art. 610 c.p. nel concorso con le lesioni personali.

Di conseguenza, viene recisamente rigettata la lettura proposta dal Pm in termini di cose solo temporaneamente detenute nel corpo della donna

Nel caso de quo nel capo di imputazione la condotta contestata consiste esclusivamente nell’azione di separazione degli ovociti dal corpo della donna, e non anche la successiva condotta di impossessamento degli ovociti, una volta separati corpo della donna, per fini di profitto e pertanto il fatto non poteva essere qualificato se non come violenza privata.

La Corte di Cassazione, pertanto, ritiene che l’ordinanza impugnata resista alle censure della difesa ricorrente poiché il Tribunale del riesame ha correttamente preso in considerazione gli argomenti della difesa ed ha osservato che “la ricostruzione dei fatti effettuata dalla persona offesa presenta dei profili di non attendibilità che tuttavia non tolgono piena credibilità con riguardo al prelievo forzoso e senza consenso degli ovociti”.

I ricorsi sono stati, pertanto, rigettati.

 Avv. Maria Teresa De Luca

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