In attesa della nomina della collegiale medicolegale, ricostruiamo una storia penosa. Il cui insegnamento è chiaro: l’imprudenza può uccidere

Gli eredi della signora P. P. A. ci hanno sottoposto il caso della loro congiunta defunta all’età di 51 anni.  Una vicenda dolorosa. La testimonianza del fatto che l’imprudenza può uccidere.  Sulla base della documentazione che i famigliari della vittima ci hanno consegnato, abbiamo ricostruito come sono andati i fatti.

La vicenda

La storia della paziente è iniziata il 31 marzo 2005. In quella data ha subito  un ricovero presso la divisione di Cardiologia con diagnosi di ammissione di scompenso cardiaco congestizio. Gli accertamenti clinici effettuati rilevavano la presenza di un IMA laterale, che si sommava alle numerose patologie di cui la paziente, nonostante la giovane età, soffriva: obesità grave, diabete mellito tipo II, ipertensione arteriosa, sindrome di Pickwick.
Subentrava inoltre un’insufficienza renale acuta, per cui la paziente veniva trasferita, dopo un breve passaggio nel reparto di Medicina Interna, nella divisione di Nefrologia per essere sottoposta a trattamento dialitico urgente.
Il 29 aprile avveniva la dimissione al domicilio con diagnosi di: “Insufficienza renale acuta, IMA laterale, grave obesità, intolleranza ai carboidrati, dislipidemia mista, iperuricemia e insufficienza renale cronica”.

Il ricovero

Il 10 gennaio 2007 la signora P. P. A. veniva ricoverata presso l’UO di Cardiologia e UTIC per fibrillazione atriale ad elevata risposta ventricolare (150 bpm). Durante il ricovero veniva sottoposta a studio ecocardiografico che evidenziava: “Ipertrofia concentrica del Vsn, ipocinesia della parete infero-laterale con funzione sistolica depressa e con FE del 45%. Sclerosi calcifica dell’anulus mitralico e lembi mitralici. Sclerosi aortica. Insufficienza mitralica moderata. Insufficienza aortica lieve – media. Atri ingranditi. Non segni di versamento pericardico”.
Veniva dimessa sette giorni dopo con diagnosi di: “Cardiopatia ipertensiva complicata da fibrillazione atriale permanente. Cardiopatia ischemica cronica. Diabete mellito di tipo II. Obesità. La paziente veniva sottoposta ad anticoagulazione con dicumarolici (Sintrom/Acenocumarolo) per l’impossibilità di ricondurre a ritmo sinusale la fibrillazione atriale, ormai considerata cronica”. Continua a leggere la storia e la relazione medico legale di parte

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