Quando si parla di inabilità lavorativa, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità occorrono alcuni requisiti. Ecco quali

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27448/2017, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di pensione di reversibilità per inabilità lavorativa.

La vicenda

Nel caso di specie, protagonista era un soggetto che aveva agito in giudizio al fine di ottenere la pensione di reversibilità del padre deceduto (artt. 21 e 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903).

Nello specifico, il soggetto in questione sosteneva di aver diritto alla reversibilità in quanto “figlio a carico ed inabile e non ancora maggiorenne al momento del decesso”.

La sua domanda era però stata rigettata sia dal Tribunale di Varese che dalla Corte d’appello di Milano.

Quest’ultima evidenziava come, dalla documentazione medica prodotta, risultasse che il figlio avesse sviluppata una inabilità al lavoro solo successivamente al decesso del padre.

Secondo la Corte, dunque, poiché il figlio, al momento del decesso del padre, non si trovava “nell’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa”, questi non aveva diritto alla pensione di reversibilità.

L’uomo, però, ritenendo ingiusta tale decisione, si è rivolto in Cassazione.

La Corte di Cassazione ha aderito alle considerazioni svolte dalla Corte d’appello, rigettando il ricorso in quanto infondato.

Secondo gli Ermellini, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 222 del 1984, ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità, devono considerarsi “inabili” coloro che “a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa”.

Nel caso di specie, la Cassazione ha evidenziato come la Corte d’appello avesse accertato che non vi era alcuna prova che, “nel periodo compreso tra il momento del decesso del padre ed il compimento dei diciotto anni, il ricorrente si fosse trovato nell’assoluta e permanente impossibilità di lavorare”.

Insomma, l’ inabilità lavorativa non era provata, dal momento che egli non versava “in una situazione di assoluta inabilità lavorativa e permanendo nello stesso una residua capacità lavorativa idonea a consentirgli di procacciarsi i mezzi per la sopravvivenza”.

Pertanto, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal richiedente la pensione di reversibilità, confermando integralmente la sentenza impugnata.

 

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