Rientra nella nozione di incidente stradale la condotta di chi, a bordo della sua autovettura, ha omesso di dare la precedenza ad un veicolo proveniente dalla sua destra e ha urtato contro di esso, terminando poi la corsa contro un tronco di un albero

Condannato in primo grado alla pena di otto mesi di arresto e 2000 euro di ammenda per aver circolato sulla pubblica via sotto l’effetto di alcol e di aver provocato un incidente stradale.

Al momento dell’impatto il tasso alcolemico accertato era pari a 2,86 g/l.

La sentenza veniva confermata anche in appello. Cosicché l’uomo decideva di presentare ricorso ai giudici della Cassazione.

Con un primo motivo evidenziava il vizio di motivazione per travisamento della prova in relazione al tasso alcolemico indicato nel referto.

Ed infatti, la determinazione dell’entità del tasso alcolemico nella misura di 2,86 g./l, era contrastante con la descrizione della sua persona (“vigile e collaborante”) attestata dai sanitari del Pronto Soccorso.

Ma quel che più rilevava per il ricorrente sarebbe stato l’errore commesso dai giudici della corte territoriale che avevano fatto applicazione dell’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, senza prima accertare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del conducente e il sinistro, non essendo sufficiente il mero coinvolgimento in esso.

La nozione di incidente stradale nella giurisprudenza di legittimità

Appare doveroso per i giudici della Cassazione richiamare la nozione di incidente stradale di cui all’art. 186, comma 2 bis, cod. strada più volte ribadita dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 47276 del 06/11/2012; Sez. 4, n. 42488 del 19/09/2012).

Ebbene, rientra in tale nozione qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare pericolo alla collettività, senza che assuma rilevanza l’avvenuto coinvolgimento di terzi o di altri veicoli.

A tal fine non sono richiesti né i danni alle persone né i danni alle cose, con la conseguenza che è sufficiente qualsiasi, purché significativa, turbativa del traffico potenzialmente idonea a determinare danni; situazione certamente riscontrabile nella concreta fattispecie, rivelatrice di effetti particolarmente pericolosi derivanti dall’uso di bevande alcoliche oltre i limiti prescritti dal codice della strada.

L’aggravante del comma secondo, art. 186 CdS

Così chiarita la nozione in esame, vale il principio affermato dalla Suprema Corte di Cassazione in base al quale, ai fini della configurabilità dell’aggravante in esame, è necessario che sia accertato un coefficiente causale della condotta della conducente rispetto al sinistro (Sez. 4, n. 7969 del 06/12/2013).

In altre parole, secondo i giudici Ermellini deve ritenersi corretta l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la condotta del ricorrente, il quale, a bordo della sua autovettura, ha omesso di dare la precedenza ad un veicolo proveniente dalla sua destra e ha urtato contro di esso terminando, poi, la corsa contro un tronco di un albero, ricade appieno nel paradigma dell’aggravante contestata.

Ed inoltre, ricordano i giudici della Cassazione che, ai sensi dell’art. 92 c.p., comma 1, l’ubriachezza volontaria (come nella specie) non esclude né diminuisce l’imputabilità.

L’agente, quindi, risponde del fatto commesso in stato di ubriachezza a titolo di dolo o di colpa, a seconda che il fatto di reato sia stato concretamente commesso con dolo o colpa.

Perciò correttamente i giudici di merito avevano ritenuto la responsabilità dell’imputato per essersi posto alla guida del mezzo in assenza delle condizioni di normale lucidità e prontezza che gli avrebbero consentito di ottemperare agli obblighi di precedenza stradali e mantenere il controllo del veicolo.

Ricorso respinto e condanna confermata in via definitiva.

La redazione giuridica

 

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