In tema di guida in stato di ebbrezza, sussiste l’obbligo di previo avviso al conducente coinvolto in un incidente stradale di farsi assistere da un difensore di fiducia, in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico

A seguito di un incidente stradale, l’indagato era stato ricoverato d’urgenza al pronto soccorso ove era stato sottoposto ai necessari accertamenti terapeutici.

Accusato del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) e art. 186 C.d.S., commi 2-bis e 2 sexies, dopo aver provocato un grave incidente stradale, il conducente era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed Euro 1200 di ammenda, con revoca della patente di guida e il beneficio della sospensione condizionale della pena

Il ricorso per Cassazione

I giudici di secondo grado, a detta del ricorrente, non avrebbero adeguatamente valutato le molteplici prove a discarico esistenti in suo favore.

Gli elementi emergenti dalla compiuta istruttoria avrebbero dovuto indurre il giudice a ritenere che l’accertamento ematico, da cui era emerso lo stato di ebbrezza, era stato disposto su iniziativa della Polizia Giudiziaria, senza tuttavia, che ne fosse dato avviso al difensore (di cui all’art. 354 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p.); per tali motivi, l’accertamento così disposto, doveva considerarsi (“insanabilmente”) nullo ed inutilizzabile.

Dall’istruttoria espletata in appello e dall’esame dei documenti acquisiti in primo grado (in particolare della cartella clinica) erano inoltre, emersi molteplici elementi di prova che portavano a ritenere che il prelievo ematico non fosse stato effettuato per ragioni terapeutiche ma per ragioni investigative su richiesta della Polizia Giudiziaria, quando il ricorrente era già indiziato di reato.

Ed infatti, il verbale del “pronto intervento 118” contenuto nella cartella clinica acquisita agli atti, dava atto che già prima dell’accesso all’Ospedale, fossero presenti sul luogo dell’incidente gli organi di Polizia Giudiziaria che richiedevano immediatamente gli esami “tossicologici” (si veda la scritta a mani posta sotto ai due disegni del corpo umano) e come in quel frangente l’imputato fosse in grado di essere avvisato del diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia.

La Corte d’Appello, allora, non si sarebbe avveduto di tale circostanza: il prelievo ematico effettuato sulla persona dell’imputato era stato eseguito esclusivamente su richiesta della Polizia Giudiziaria e che solo incidentalmente l’Ospedale ne aveva raccolto i dati.

Cosa dice a tal riguardo la giurisprudenza della Cassazione?

Il giudizio

La giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che “In tema di guida in stato di ebbrezza, sussiste l’obbligo di previo avviso al conducente coinvolto in un incidente stradale di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p., in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico, qualora l’esecuzione di tale prelievo non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia autonomamente richiesta dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 5” (da ultimo Sez. 4, n.51284/2017; Sez. 4, n. 6514/2018).

Ebbene, secondo i giudici della Cassazione, la Corte territoriale, avrebbe opportunamente verificato che le analisi effettuate sulla persona del ricorrente, richieste anche dalla P.G. all’atto del loro intervento, fossero state poste in essere esclusivamente per finalità di indagine o anche per finalità di diagnosi e cura, nell’ambito dei protocolli sanitari attivati nel contesto del ricovero ospedaliero.

Deve infatti aggiungersi che in tali casi, invero, il personale medico non agisce come longa manus della Polizia giudiziaria che si avvale di esso ai sensi dell’art. 348 c.p.p., comma 4, per il compimento di un accertamento avente esclusive finalità investigative, ma opera autonomamente per finalità diagnostiche e di cura.

Ne consegue che la certificazione formatasi a seguito dell’avvio del prelievo effettuato per scopi terapeutici, ha valore probatorio di un documento, pacificamente acquisibile agli atti del giudizio.

Perciò, come osservato dalla Corte territoriale, nel caso esaminato il prelievo ematico era stato unico e la sola circostanza determinata dall’accavallarsi degli eventi e degli interventi destinati a diversi fini non avrebbe alcuna influenza sulla utilizzabilità dell’esito delle analisi disposte per ragioni diagnostiche e di cura.

Avv. Sabrina Caporale

 

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