Respinto il ricorso di un lavoratore che chiedeva la personalizzazione del danno non patrimoniale conseguente a un infortunio sul lavoro

Aveva perso due falangi distali del II dito, la falange ungueale del III dito e l’intero anulare della mano sinistra come conseguenza di un infortunio sul lavoro. Il Tribunale aveva condannato la società datrice al corrispondere all’infortunato l’importo residuo di euro 9.597,26. Una cifra determinata a seguito di detrazione dall’importo complessivo di 85.450,32 euro, già corrisposti dall’INAIL, oltre euro 1190,16 come danno patrimoniale per spese documentate.

La pronuncia era stata confermata anche dal Giudice di secondo grado su appello proposto dal lavoratore. Secondo la Corte territoriale, infatti, il Tribunale aveva fatto corretta applicazione dei criteri di liquidazione, con riferimento all’età dell’infortunato e alla personalizzazione del danno.

Non poteva ritenersi che il danno morale costituisse una voce ontologicamente distinta.

Le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, infatti, si riferivano anche alla liquidazione del danno non patrimoniale in termini di danno morale. L’appellante, peraltro, non ne aveva contestato l’utilizzo. Non erano quindi state avanzate critiche specifiche fondate su ragioni non apodittiche in termini di mero dissenso al modo di procedere del giudice di primo grado. Se non con riferimento all’insufficienza della determinazione del danno non patrimoniale.

Nel ricorrere per cassazione l’infortunato, pur concordando sull’applicazione dei parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano, osservava che il Giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle. Il tutto dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente considerazione in termini monetari.

La Cassazione, nel pronunciarsi sulla vicenda con la sentenza n. 29373/2018, ha osservato che il danno biologico, quello morale e quello dinamico-relazionale integrano componenti autonome dell’unitario danno non patrimoniale.

Queste, pur valutate nello loro differenza ontologica, devono sempre dar luogo ad una valutazione globale.
Pertanto, ove s’impugni la sentenza per la mancata liquidazione del danno morale, non ci si può limitare ad insistere sulla separata liquidazione di tale voce.

E’ invece necessario articolare chiaramente la doglianza come erronea esclusione, dal totale liquidato, delle componenti di danno diverse da quella originariamente descritta come “danno biologico”. In difetto, concludono gli Ermellini, la censura risulta inammissibile.

 

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