Qual è il tempo massimo per intervenire nel caso in cui sia stata accidentalmente ingerita una batteria al litio? La risposta nella sentenza n. 363 del 19.03.2018 del Tribunale di Crotone

Un bimbo ingeriva accidentalmente una disk battery di un telecomando (batteria al litio), intorno alle 20,15 e alle ore 20,33 i genitori del piccolo giungevano presso l’Ospedale civile di Crotone, ove riferivano l’accaduto ed al piccolo veniva attribuito codice verde. Alle ore 20,55 il bimbo veniva visitato, gli veniva attribuito codice giallo e lo stesso era dimesso e trasportato in ambulanza presso l’Ospedale di Catanzaro ove alle ore 22,35 veniva attribuito codice rosso. Seguivano numerosi interventi per salvare il bambino, alcuni di tipo chirurgico ed altri riabilitativi e numerosi ricoveri, negli anni. Gli attori assumevano che la responsabilità per il danno gravissimo permanente subito dal bambino avrebbe dovuto essere addebitata ai sanitari dell’Ospedale di Crotone, che non avevano sin da subito adottato tutte le necessarie misure per evitare il peggioramento delle condizioni del piccolo. Chiedevano, quindi, di riconoscere la responsabilità dell’A.S.P. di Crotone per i danni subiti e per l’effetto la sua condanna al risarcimento del danno biologico, quantificato in Euro 882.204,00 o in quella di giustizia, oltre che al rimborso delle spese sostenute ed al danno subito dall’esercizio commerciale gestito dal padre, “C.. Carni 2000”.

Si costituiva l’A.S.P. di Crotone chiedendo il rigetto della domanda, in quanto non era stata dimostrata, a suo parere, la sussistenza di alcuna condotta omissiva da parte dell’Ospedale di Crotone.

A seguito dell’incidente al piccolo residuava una stenosi laringea ipoglottica associata a paralisi in adduzione delle corde vocali; tali complicanze hanno determinato e determinato a tutt’oggi e in modo permanente la necessità di mantenere la tracheotomia e rinviare a una fase successiva della crescita del bambino un eventuale intervento di chirurgia ricostruttiva, laddove eventualmente possibile. Attualmente il bimbo riesce ad alimentarsi attraverso la via orale soltanto con la dieta semiliquida.

La prova del nesso causale

Il Tribunale osserva che nel merito sulla scorta dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, la regola generale idonea a fissare il fondamentale criterio decisionale delle cause di danno basate sulla responsabilità professionale del medico è la seguente: l’obbligazione assunta dal medico nei confronti del paziente ha natura contrattuale, sicché incombe sul debitore provare che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile; più specificamente, dimostrato dal paziente danneggiato il contratto (o il contatto sociale) nonché l’aggravamento della patologia sofferta o l’insorgenza di un’altra affezione e allegato dallo stesso l’inadempimento del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno, compete a questi dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato o che esso, pur esistendo, è stato eziologicamente non rilevante o comunque a lui non imputabile. Dal che consegue che, in definitiva, spetta al medico provare l’inesistenza del nesso causale, e non al paziente l’esistenza dello stesso (cfr. ex multis, Cass., sez. un., n. 577/2008; Cass., sez. III, n. 1538/2010 e n. 15993/2011).

… E l’esonero di responsabilità

Tale regola vale anche quando l’intervento sia stato di speciale difficoltà, in quanto l’esonero di responsabilità di cui all’art. 2236 cod. civ. non incide sui criteri di riparto dell’onere della prova (cfr. Cass. n. 24791/2008). Sempre in termini generali, va altresì rimarcato, ancora una volta sulla scorta di ormai pacifici insegnamenti giurisprudenziali, che la responsabilità professionale per inadempimento della prestazione medica si estende certamente alla struttura sanitaria, pubblica o privata, presso la quale il medico stesso operava, la quale, proprio in ragione del complesso di obblighi scaturenti dal cosiddetto contratto di spedalità, risponde in relazione sia a propri fatti d’inadempimento sia ai comportamenti inadempienti direttamente posti in essere dal medico a norma dell’art. 1228 c.c., in forza del quale il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi, ancorché non alle sue dipendenze, è responsabile anche dei fatti dolosi o colposi dei medesimi (cfr. ex multis, Cass. n. 13066/2004, n. 8826/2007 e n. 13953/2007).

La natura contrattuale del rapporto

Secondo il Tribunale nel caso de quo è incontroversa la natura contrattuale del rapporto e, al proposito, le risultanze documentali e quelle dell’istruttoria tecnica d’ufficio convergono nel ritenere che sussista nel caso di specie responsabilità professionale dell’A.S.P. convenuta.

Infatti, i postumi residuati al bimbo sono direttamente riconducibili all’ingestione di una disk battery al litio che ebbe ad indovarsi a livello del terzo superiore dell’esofago, a contatto diretto con la mucosa esofagea, producendo pertanto una ustione chimico-fisica con seguente perforazione e successiva fistolizzazione in trachea.

Il Tribunale condivide totalmente la consulenza espletata e fa integrale ed espresso riferimento alla stessa.

Le linee guida in materia di ingestione di corpi estranei

In particolare, la c.t.u. ha preliminarmente esaminato gli studi scientifici in materia di linee guida inerenti l’ingestione di corpi estranei, con particolare riferimento alle batterie, specificando che le stesse hanno una pericolosità relativa soltanto qualora si fermino in sedi pericolose, come uno dei tre restringimenti anatomici dell’esofago. Riferisce il c.t.u. che “le batterie a bottone (o a disco) sono invece molto più pericolose perché non presentano corazza, a differenza delle stilo, e quindi vi è un rischio aumentato di splitting ovverosia di rottura capsulare e di rilascio delle sostanze tossiche corrosive ivi contenute. Infatti, il contenuto delle batterie a bottone è fortemente a rischio nel determinismo di un’ustione fisico/chimica ed è determinata alla creazione di una corrente elettrolitica esterna che produce idrossidi al polo negativo della batteria, dando luogo alla possibilità che si realizzino fistole o perforazioni“.

Ed è questo il motivo per cui, diviene di estrema importanza individuare tempestivamente la collocazione e la posizione del polo negativo rispetto alla mucosa, in considerazione del fatto che se tale polo è adeso a quest’ultima, vi è la possibilità che si formi molto più velocemente una lesione.

Il c.t.u. ha, dunque, rilevato che gli orientamenti scientifici attuali evidenziano la necessità di una rimozione tempestiva della batteria che deve realizzarsi entro e non oltre due ore rispetto all’ingestione.

Il Tribunale rileva che i sanitari sottostimarono in modo incauto la gravità del caso sin dall’accesso in pronto soccorso, tanto che all’ingresso, al triage venne assegnato dapprima un codice verde ragionevolmente, ma imprudentemente, per il fatto che il personale di pronto soccorso ebbe a basarsi esclusivamente sulle condizioni generali del bambino che in quel momento apparivano buone.

L’imprudenza con cui venne trattato il caso nonostante i familiari avessero riferito l’ingestione di una batteria al litio e nono stante la radiografia del torace evidenziasse la presenza di un corpo estraneo con forma nummulare a elevata densità e posizionato nell’esofago cervicale, si tradusse in una minimizzazione dell’importanza di tale evento nonostante fosse molto chiaro che si trattava di una batteria a bottone e non di una batteria stilo.

Per il giudice l’atteggiamento attendista assunto dagli stessi sanitari ha causato, un ritardo abnorme e consentì il realizzarsi degli eventi come sopra descritti e che si sarebbero potuti evitare qualora fossero intervenuti il più rapidamente possibile. Risulta in atti che la consulenza del rianimatore venne eseguita soltanto dopo circa 45 minuti dall’arrivo in pronto soccorso e tale consulenza evidenziava condizioni generali del bambino ancora buone considerandolo non abbisognevole di assistenza rianimatoria per cui tale specialista rimandava l’intervento di rimozione della batteria al litio ad una valutazione del chirurgo pediatra, indicando la necessità di trasferire il piccolo presso altra l’azienda ospedaliera posto che il nosocomio di Crotone non era dotato di una unità operativa di chirurgia pediatrica.

Facendo proprie le risultanze della c.t.u. il Tribunale di Crotone ha ritenuto che le citate condotte mediche, censurabili, sono in relazione causale con il danno biologico irreversibile a carico del piccolo, mentre non ha rilevato censure a carico dei sanitari dell’Ospedale di Catanzaro. Rientrava, dunque, nell’onere probatorio dell’A.S.P. convenuta allegare e dimostrare che nessun inadempimento si verificò o che comunque la condotta medica in esame non ebbe alcuna incidenza eziologica sul danno finale del paziente.

Quindi, per il Tribunale, il quadro probatorio consente di ritenere provato il nesso di causalità tra condotte mediche della struttura e danno subito dal paziente.

Essendo esclusa l’incidenza di decorsi causali alternativi, il Tribunale ritiene di condividere, alla stregua della regola di giudizio civilistica del “più probabile che non”, il percorso logico-valutativo che ha portato il c.t.u. ad ascrivere la responsabilità professionale ai sanitari della struttura convenuta.

Il Tribunale di Crotone ha quindi accolto la domanda condannando la A.S.P., avendo accertato la sua responsabilità per colpa, al risarcimento nei confronti del minore di una somma pari ad €. 825.804,00=, oltre le spese.

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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