Videoriprese fatte alla vittima; imputato accusato del reato di interferenze illecite nell’altrui vita privata. La Cassazione conferma la condanna

Nella sentenza oggetto di questa mia breve disamina affronteremo il reato di interferenze illecite nella vita privata, previsto e punito dall’art. 615 bis c.p.,  soffermandoci in particolare sulla recentissima sentenza emessa dalla Corte di Cassazione ed individuata dal n° 372/2019

Tizio veniva rinviato a giudizio per gli addebiti di cui agli articoli 609 quater ultimo comma c.p., per aver compiuto in più occasioni atti sessuali nei confronti di una minore di anni 10, e 615 bis c.p., per essersi procurato, mediante strumenti di videoripresa, filmati di tre dipendenti nel mentre si cambiavano all’interno dello spogliatoio di un esercizio commerciale nonché il filmato di una donna, ripresa all’interno della propria abitazione, mentre si trovava a casa della madre nuda ed intenta ad uscire dalla doccia.

Ebbene, all’esito della celebrazione del processo penale a suo carico, nelle forme del giudizio abbreviato, Tizio veniva condannato in primo grado e la sentenza veniva altresì confermata in secondo grado dalla competente Corte di Appello.

Il ricorso per Cassazione e la decisione

Orbene, la Suprema Corte, investita del gravame proposto dall’imputato, Tizio, annullava la sentenza di secondo grado solo con specifico riguardo all’ultimo capo d’imputazione (articolo 615 bis per aver ripreso una donna nuda, a casa della madre, intenta ad uscire dalla doccia), affermando, dunque, che il fatto non sussistesse e rideterminando pertanto la pena inflitta all’imputato.

Dunque, ad avviso di chi scrive appare opportuno illustrare al lettore quanto asserito sul punto dagli Ermellini e quindi le motivazioni che hanno spinto i medesimi ad annullare la sentenza ed a ritenere che il fatto contestato all’ultimo capo della rubrica, nella vicenda in esame, non sussistesse.

In particolare, la difesa dell’imputato, sulla scorta di precedenti sentenze di Legittimità, rilevava la circostanza che il bagno ove veniva ripresa la donna fosse sprovvisto di tende e che pertanto ciò escludesse la configurazione del reato di cui all’art. 615 bis c.p., poiché Tizio non utilizzò alcun accorgimento per filmare all’interno dell’abitazione della persona offesa, atteso che il bagno non risultava sottratto alla normale osservazione dall’esterno e che i due appartamenti (dell’imputato e della persona offesa) erano posti in maniera frontestante.

Inoltre, il Collegio di Legittimità, affermava testualmente, tra l’altro, che “…se, dunque, l’azione pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, possa, come nel caso in esame, essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti, non si configura una lesione del diritto alla riservatezza del titolare del domicilio…”.

In altre parole, atteso che il luogo da cui veniva eseguita la videoripresa risultava posto di fronte all’abitazione della persona offesa e che dunque l’imputato non era costretto ad utilizzare alcun escamotage per poter video-riprendere all’interno del bagno della denunciante, ubicato in maniera tale da essere liberamente osservato dagli estranei, nella fattispecie sottoposta al vaglio degli Ermellini non si cristallizzava la condotta penalmente rilevante prevista e punita dall’art. 615 bis c.p..

Avv. Aldo Antonio Montella

(Foro di Napoli)

 

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