La Corte di appello di Roma ha incrementato il risarcimento stabilito in primo grado a favore di una donna di 58 anni, che nel 2009 aveva subito l’asportazione dell’intestino dopo una errata diagnosi di cancro al colon
Operata per un tumore che non c’era. E’ la vicenda raccontata sulle pagine del Corriere della Sera di un’ex infermiera di 58 anni che nel 2009 è stata sottoposta a un intervento per la rimozione dell’intero intestino presso un ospedale romano.
La donna, nel febbraio di quell’anno, aveva svolto degli accertamenti per dei fastidi e dalla biopsia era emersa la presenza di un cancro al colon. Quindi, a marzo, era finita in sala operatoria, salvo scoprire pochi giorni dopo che in realtà non c’era nessuna neoplasia ma solamente un’ulcera.
A dieci anni di distanza dal fatto, la proprietà del nosocomio è stata condannata a versare alla signora circa 618 mila euro per i danni biologici e morali arrecati. Una cifra – spiega il Corriere della Sera – che è stata quantificata in due fasi.
Nel 2013 il Tribunale civile della Capitale aveva condannato la struttura sanitaria al risarcimento di 471mila euro da pagare in solido con il medico che aveva operato la paziente e il laboratorio che aveva svolto la biopsia. La somma è stata calcolata tenendo conto della valutazione dei danni fisici e morali patiti dalla vittima, costretta da dieci anni a vivere con il sacchetto applicato in sostituzione dell’intestino.
Lo scorso maggio, poi, la Corte d’appello, sulla base di una consulenza tecnica, ha ritenuto di riformare la sentenza dei giudici di primo grado, incrementando il risarcimento sotto il profilo del danno psichico di altri 147 mila euro.
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