I giudici della Cassazione hanno respinto il ricorso, confermando la sentenza di condanna per invasione di edifici a carico dell’assegnataria di una casa popolare che aveva arbitrariamente ceduto l’appartamento a terzi

Nel 2017 la Corte d’Appello di Bari aveva confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Bari nei confronti dell’imputata per il reato di invasione di edifici (art. 633 c.p.). Si tratta di uno di quei reati per i quali, il legislatore ha espressamente previsto il regime di perseguibilità d’ufficio anche in assenza di querela di parte

Ma cosa aveva fatto l’imputata?

Ebbene la donna era stata accusata di aver invaso, in concorso con altre persone, un appartamento di proprietà dello IACP (Istituto autonomo case popolari del comune del capoluogo pugliese).

Nello specifico, ella, originaria assegnataria dell’alloggio, oltre ad aver omesso di segnalare ai competenti uffici che insieme al coniuge era proprietaria di un altro immobile a Bari e che non era pertanto in possesso dei requisiti, aveva consentito a terzi di occupare l’appartamento.

Il processo di primo grado terminava con la condanna per quest’ultima alla pena di mesi tre di reclusione; pena che, come anticipato, veniva confermata anche in appello.

Quindi il ricorso per Cassazione

A parere della difesa la condotta dell’imputata non poteva in alcun modo integrare la fattispecie penale contestata. L’art. 633 c.p. punisce infatti chi, occupando legittimamente l’appartamento o comunque senza averlo invaso, ospiti terze persone senza che queste stabiliscano con l’immobile un rapporto di detenzione effettiva.

Ma per la Cassazione il ricorso è inammissibile!

La Corte territoriale aveva fornito congrua ed esaustiva risposta alle critiche contenute nell’atto di appello esponendo che gli argomenti assunti non erano in alcun modo coerenti con quanto emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

E infatti, come correttamente indicato nella sentenza impugnata, la questione non era se configuri o meno il reato di cui all’art. 633 cod. pen. la condotta di chi, entrato legittimamente in possesso del bene, vi permanga quanto, piuttosto, la condotta di chi, pur detenendo l’immobile, lo ceda abusivamente a terzi.

Tale diversa condotta, anche se caratterizzata da un apporto che può definirsi atipico, integra il concorso in invasione di edifici.

La conferma della decisione di secondo grado

Al riguardo i giudici di merito, dopo una attenta ed articolata analisi, avevano potuto affermare che la ricorrente aveva consentito a terzi di occupare una abitazione per la quale questi non avevano titolo e che lei stessa aveva cessato di avere. In tal modo ella aveva fornito un contributo consapevole e casualmente rilevante alla realizzazione del reato.

A darne ulteriore conferma era anche la circostanza, accertata nel corso di numerosi accessi effettuati in giorni e orari diversi, della presenza dei medesimi soggetti, e che dunque essi non potevano essere qualificati come semplici ospiti.

Ma il ricorso era altresì inammissibile posto che il ricorrente chiedeva ai giudici di legittimità di effettuare una diversa valutazione dei fatti: operazione, quest’ultima, che come noto è esclusiva dei giudici di merito.

La redazione giuridica

 

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