Con la sentenza n. 31235/2018 la Cassazione si è pronunciata sulla pretesa risarcitoria dei genitori di un bambino colpito da una tetraparesi a causa di un’ ipossia cerebrale sofferta per la ritardata esecuzione del parto cesareo

La vicenda arriva dal Tribunale di Mantova dove due coniugi hanno citato a giudizio l’Azienda Ospedaliera, il Ginecologo e il Primario del Reparto di ginecologia-ostetricia a causa della ipossia cerebrale sofferta dal neonato per la ritardata esecuzione del parto cesareo che gli causava tetraparesi con postumi permanenti nella misura del 100%.

La vicenda finisce dinnanzi alla Corte d’Appello di Brescia che ritiene colposa la condotta dei sanitari ma priva di efficienza causale nella determinazione del danno al neonato.

La Corte territoriale argomenta che se anche il medico avesse praticato il parto cesareo non appena avvisato del rischio il danno non sarebbe comunque stato evitato “con alta credibilità razionale” in quanto il feto aveva già patito l’insulto ipossico.

La pronunzia della Corte d’Appello viene impugnata in Cassazione.

Alla udienza di discussione del gennaio 2017 con Ordinanza interlocutoria la Corte sottopone alle Sezioni Unite due questioni di diritto.

1) Se in tema di risarcimento del danno, ai fini della liquidazione dei danni civili il Giudice deve limitarsi a sottrarre dalla consistenza del patrimonio della vittima anteriore al sinistro quella del suo patrimonio residuato al sinistro stesso, senza far ricorso prima alla liquidazione e poi alla cd. compensatio lucri cum damno (istituto o principio non individuabile nell’ordinamento giuridico); e di conseguenza stabilire, quando l’evento causato dall’illecito costituisce il presupposto per l’attribuzione alla vittima, da parte di soggetti pubblici o privati, di benefici economici il cui risultato diretto o mediato sia attenuare il pregiudizio causato dall’illecito, se di essi il giudice deve tenere conto nella stima del danno, escludendone l’esistenza per la parte ristorata dall’intervento del terzo;

2) Se il risarcimento del danno patrimoniale patito dalla vittima di lesioni personali, e consistente nelle spese da sostenere per l’assistenza personale ed infermieristica, vada liquidato detraendo dal credito risarcitorio il valore capitalizzato della indennità di accompagnamento di cui all’art. 1 della l. 21 novembre 1988 n. 508, oppure di cui all’art. 5, comma 1, I. 12 giugno 1984 n. 222.

Le Sezioni Unite con pronunzia del 22 maggio 2018 N. 12567 statuivano il seguente principio di diritto: “dall’ammontare del danno subito da un neonato in fattispecie di colpa medica, e consistente nelle spese da sostenere vita natural durante per l’assistenza personale, deve sottrarsi il valore capitalizzato della indennità di accompagnamento che la vittima abbia comunque ottenuto dall’ente pubblico, in conseguenza di quel fatto, essendo tale indennità rivolta a fronteggiare ed a compensare direttamente il medesimo pregiudizio patrimoniale causato dall’illecito, consistente nella necessità di dover retribuire un collaboratore o assistente per le esigenze della vita quotidiana del minore reso disabile per negligenza al parto“.

Risolta la questione dalle sezioni Unite, la Sezione semplice esamina gli altri motivi di ricorso, in particolare la doglianza avanzata incidentalmente dall’azienda Ospedaliera che lamentava la mancata applicazione nella monetizzazione del danno da ipossia cerebrale della “riduzione per anticipata corresponsione” da parte della Corte territoriale.

Al riguardo osserva l’Azienda Ospedaliera che la Corte d’Appello di Brescia ha liquidato il danno patrimoniale futuro, comprensivo di spese mediche future e del mancato guadagno causato dalla perdita della capacità di lavoro, a valori attuali e con capitalizzazione attualizzata senza applicare la riduzione per anticipata corresponsione.

Gli Ermellini nel merito ritengono il motivo parzialmente fondato.

Viene osservato che rispetto al momento in cui viene compiuta la liquidazione, i danni patrimoniali futuri e permanenti possono essere di due specie: 1) quelli che si stanno già producendo nel momento della liquidazione e che continueranno a prodursi in futuro; 2) quelli che al momento della liquidazione non si sono ancora avverati perché inizieranno a prodursi solo dopo un certo periodo di tempo dalla liquidazione -come ad esempio il lucro cessante derivante dalla perdita della capacità di lavoro.

I danni già esistenti al momento della liquidazione possono essere liquidati o moltiplicando l’importo annuo del danno per il numero di anni di durata del pregiudizio, ovvero moltiplicando l’importo annuo del danno per un coefficiente di capitalizzazione anticipata.

Se il Giudice segue il primo metodo di liquidazione il risultato ottenuto dovrà essere ridotto attraverso lo sconto matematico cioè moltiplicando il capitale per il saggio di sconto e dividendo il prodotto per il tempo di anticipazione espresso in dodicesimi.

Se invece viene seguito il secondo metodo di liquidazione non vi sarà né sconto né altre riduzioni perché qualsiasi coefficiente di capitalizzazione ingloba in sé il calcolo dello sconto.

Quindi anche i danni patrimoniali futuri possono essere liquidati con il metodo della capitalizzazione cioè a dire moltiplicando l’importo annuo del reddito presumibilmente perduto dalla vittima per un coefficiente di capitalizzazione.

Tuttavia, evidenziano i Supremi Giudici, nel caso in esame bisogna tenere in considerazione che si sta liquidando un danno che si verificherà tra un certo numero di anni, e bisogna pertanto considerare lo scarto temporale tra il momento della liquidazione e il successivo momento in cui il danno inizierà a prodursi.

Per fare ciò correttamente è necessario ridurre il risultato ottenuto dalla capitalizzazione moltiplicando per il coefficiente di minorazione per capitalizzazione anticipata che restituisce il valore attuale dell’unità di misura Euro pagabile solo tra un certo numero di anni.

Quindi i danni patrimoniali futuri a titolo di spese mediche e assistenza sanitaria sono stati liquidati dalla Corte d’appello in modo corretto.

Non corretta, invece, è stata la liquidazione del danno patrimoniale futuro per perdita della capacità di guadagno.
I Giudici territoriali per liquidare questa posta di danno hanno moltiplicato il presunto reddito da lavoro che la vittima avrebbe percepito per il numero di anni lavorativi sperati.

Tale metodo di calcolo non è corretto sia perché privo di attualizzazione, sia di mancata riduzione del risultato con l’applicazione del coefficiente di minorazione per la capitalizzazione anticipata che doveva tenere conto di uno scarto di almeno 18 anni tra la data dell’illecito e la data di ingresso lavorativo del danneggiato.

Si è palesata quindi una violazione dell’art. 1223 c.c. e una violazione del principio di corrispondenza tra danno (da ipossia cerebrale) e risarcimento in quanto se il neonato fosse rimasto sano avrebbe iniziato a guadagnare solo molti anni dopo la nascita. Difatti la minorazione per anticipata liquidazione viene compiuta proprio per tenere conto del fatto che il denaro è soggetto a deprezzamento.

Proprio su questo punto la Corte bresciana ha rigettato il gravame affermando che “nessuna riduzione andava applicata al risarcimento del danno futuro perché il denaro si svaluta”.

Secondo gli Ermellini tale ragionamento è paradossale in quanto la minorazione per anticipata liquidazione va compiuta proprio in considerazione del deprezzamento del denaro. “E’ infatti proprio la svalutazione del denaro a far sì che il pagamento anticipato costituisca un maggior sacrificio per il debitore (in virtù del principio plus dat qui cito dat)”.

In altri termini la Corte d’Appello ha addotto a giustificazione del proprio errore proprio il principio in virtù del quale avrebbe dovuto correggerlo.

La sentenza viene cassata e rinviata a Brescia con l’indicazione del seguente principio di diritto: “la liquidazione del danno permanente da incapacità di lavoro, patito da un fanciullo, deve avvenire dapprima moltiplicando il reddito annuo, che si presume sarà perduto, per un coefficiente di capitalizzazione corrispondente alla presumibile età in cui il danneggiato avrebbe iniziato a produrre reddito; e poi riducendo il risultato così ottenuto attraverso la moltiplicazione di esso per un coefficiente di minorazione, corrispondente al numero di anni con cui la liquidazione viene anticipata, rispetto al momento di presumibile inizio, da parte della vittima, dell’attività lavorativa“.

Avv. Emanuela Foligno

 

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