La Quinta Sezione Penale della Cassazione ha confermato il regime di irrevocabilità della querela per il delitto di stalking integrato da minacce gravi e reiterate

Qualcuno sostiene che la modifica legislativa che ha interessato il reato di minaccia grave (di cui all’art. 612 bis, comma secondo), che ha visto mutare il regime di procedibilità d’ufficio in querela di parte, abbia comportato una disparità di trattamento col delitto di stalking (art. 612 bis ultimo comma) per il quale rimane ferma, invece, l’irrevocabilità della querela

La vicenda

L’imputato era stato condannato alla pena di legge per aver posto in essere atti persecutori ai danni dell’ex fidanzata, delle sorelle e della madre di quest’ultima.
In secondo grado, la pena era stata rimodulata in bonam partem in vista della concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Ma per la difesa dell’imputato la decisione di secondo grado era viziata in punto di diritto, non avendo adeguatamente valorizzato la rimessione della querela proveniente dalle persone offese dal reato.
Il ricorso è stato tuttavia, dichiarato inammissibile dai giudici della Suprema Corte di Cassazione.
Ed invero, la corte d’appello di Firenze, del tutto logicamente e con percorso argomentativo immune da vizi, aveva fatto discendere l’irrevocabilità della querela ai sensi dell’art. 612 bis c.p., ultimo comma.
Tale giudizio era derivato non solo dalla circostanza che le minacce rivolte dall’imputato alle persone offese ed accertate processualmente, fossero gravi, in quanto prospettavano la morte delle destinatarie e reiterate, ma anche della caratura delinquenziale dello stesso soggetto autore del reato, un pregiudicato per reati contro la persona ed in materia di armi.
I giudici della Cassazione hanno, perciò, chiarito che l’intervenuta modifica normativa che ha interessato il reato di minaccia grave ex art. 612 c.p., comma 2, che ha visto mutare il proprio regime di procedibilità – da ufficio a querela di parte – a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 10 aprile 2018, n. 36, non ha avuto alcuna implicazione sul delitto di stalking.

Stalking o minacce?

Da una parte, infatti, lo stalking è condotta diversa e più grave rispetto alla minaccia, giacché si tratta di un insieme di condotte reiterate che non esauriscono il loro disvalore penale in relazione a ciascun episodio, ma che, combinate e ripetute, determinano un quid pluris rispetto ai segmenti comportamentali che le sostanziano. Vale a dire uno degli eventi previsti dalla fattispecie incriminatrice (un perdurante stato d’ansia o di paura, un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata affettivamente ovvero, ancora, un’alterazione delle abitudini di vita della vittima).
È pienamente ragionevole, allora, e non determina alcuna asimmetria ingiustificata, che il regime di procedibilità resti strutturato sulla querela irrevocabile per lo stalking integrato da minacce reiterate e gravi ancorché per queste ultime, isolatamente considerate, si sia passati da quella di ufficio alla perseguibilità a querela.
D’altra parte ciò trova giustificazione nella ratio stessa che è alla base delle limitazioni alla revocabilità della querela in caso di atti persecutori strutturati su minacce gravi e reiterate.

Le vittime di atti persecutori nella Convenzione di Istanbul

Tale previsione è evidentemente dettata dall’esigenza di prevenire le situazioni – frequenti nella pratica, per la prostrazione e l’assoggettamento che caratterizza le vittime di stalking – in cui la remissione non sia volontaria e libera proprio in rapporto alla coartazione determinata dall’invasività delle condotte.
La scelta è in linea con quanto stabilito dall’art. 55 della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne che recita “Le Parti si accertano che le indagini e i procedimenti penali per i reati stabiliti ai sensi degli artt. 35, 36, 37, 38 e 39, della presente Convenzione non dipendano interamente da una segnalazione o da una denuncia da parte della vittima quando il reato è stato commesso in parte o in totalità sul loro territorio, e che il procedimento possa continuare anche se la vittima dovesse ritrattare l’accusa o ritirare la denuncia“.
Per tali motivi il ricorso è stato dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

 
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