La conciliazione nella consulenza tecnica preventiva (696bis cpc) rimane ad oggi un mistero e nei vari convegni nessun magistrato ha indicato una procedura adeguata.

È sempre stato un mistero la conciliazione nel ricorso 696bis e sotto vari punti di vista. Capita anche che due magistrati nel corso dello stesso convegno dicano anche cose diametralmente opposte come, ad esempio, che la conciliazione, per uno, va tentata prima del deposito della bozza di relazione (tesi che si sostiene senza ombra di dubbio e in linea con il dictat del legislatore) per l’altro, va tentata dopo la bozza in quanto i convenuti “se non c’è almeno la bozza che gli va contro” non possono conciliare a motivo della “supervisione” della Corte dei Conti.

Prima della legge Gelli-Bianco esisteva lo stesso dubbio (più volte rappresentato nelle pagine di questo quotidiano) e comunque la conciliazione doveva obbligatoriamente essere tentata. Dopo tale legge continua ad esserlo con in più la “scure” della necessaria competenza dei collegio peritale.

Ma dopo oltre un anno dal “parto” Gelli-Bianco che fanno i CCTTUU nello svolgimento del loro ufficio? La tentano la conciliazione? Ma come la tentano? E se la tentano, riescono a partorire? Se non riescono a far conciliare le parti, se lo domandano il perché?

Tutti interessanti interrogativi se i collegi peritali si ponessero con “avidità” questo quesito! Interrogativi che certamente stimolerebbero i loro neuroni o la loro pigrizia.

Chi è stato ai corsi dell’Accademia della Medicina Legale ne ha tratto dei benefici in tal senso in quanto si è cercato di dare un input chiaro su tale tipologia di conciliazione tecnica che non è media conciliazione.

Analizziamo i perché della NON conciliazione partendo dalle principali finalità che ha questo ricorso per chi se ne serve:

  • Conciliare;
  • Formare la prova per il successivo giudizio 702bis.

Avendo questa tipologia di conciliazione la caratteristica della “tecnicità” non può essere svolta con i criteri del “nessuno vince, nessuno perde” o meglio del “volemose bene”, ma deve basarsi sulla capacità tecnica del collegio peritale di esporre alle parte i “vulnus” del loro operato e far percepire il rischio ad entrambi (ove ci sia evidentemente) tanto da far loro pensare che conciliare sia la migliore soluzione.

Ma ove, dopo analisi documentale da parte del collegio peritale, si riscontrino delle criticità esclusivamente nell’operato di una delle parti, cosa si fa? Si può tentare una conciliazione?

Certo in questi casi si hanno delle serie difficoltà e risulta inverosimile una conciliazione.

Certo è matassa davvero difficile da “svolgere” ma ogni caso è unico e particolare, necessita solo tanta autorevolezza da parte dei CCTTUU.

 

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

 

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