L’attività investigativa di detective privati lavoratore non lede lo Statuto dei lavoratori

L’articolo 33 della Legge 104 del 1992 prevede la possibilità per il lavoratore di usufruire di permessi retribuiti per assistere il congiunto disabile. Spesso, tuttavia, tali permessi vengono utilizzati con fini impropri. Proprio per verificare eventuali abusi, è consentito al datore di lavoro che ne abbia il fondato sospetto, di effettuare controlli avvalendosi di agenzie o investigatori privati. Se, in base all’attività investigativa l’abuso risulta provato, le prove raccolte possono essere utilizzate a fondamento del licenziamento per giusta causa.
L’utilizzo improprio dei permessi ex lege 104, infatti, secondo la giurisprudenza è elemento idoneo a ledere il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, oltre a rappresentare una violazione di rilevanza penale rispetto ai doveri imposti dalla convivenza sociale in quanto costringe la collettività a sopportarne indebitamente il costo.
Tornando alla legittimità dell’utilizzo di un detective, la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il ricorso a un investigatore per controllare la condotta del lavoratore non costituisce una violazione dello Statuto dei lavoratori.
L’ultima pronuncia in tal senso è la sentenza n. 9749/2016, con cui la sezione lavoro della Suprema Corte ha chiarito nuovamente che le agenzie investigative “per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori”; il controllo resta invece giustificato sia per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, sia “in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione (Cassazione, sentenza n. 3590/2011)”.
Il datore di lavoro, inoltre, ha facoltà di decidere autonomamente come e quando compiere il controllo in quanto il prestatore d’opera tenuto ad operare diligentemente per tutto il corso del rapporto di lavoro (Cassazione, sentenza n. 16196/2009).
Gli Ermellini, infine, nella stessa sentenza hanno ribadito quanto già stabilito con sentenza n. 4984/2014, ricordando che le disposizioni normative contenute nella legge n. 300/1970, nel delimitare la sfera di intervento delle persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi, non precludono il potere dell’imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti diversi dalla guardie particolari giurate per la tutela del patrimonio aziendale.
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