Il requisito della specificità degli addebiti contestati in caso di licenziamento è integrato dalla esposizione dei dati e degli aspetti essenziali del fatto nei suoi elementi materiali senza però l’osservanza di schemi prestabiliti e rigidi

La vicenda

Ad essere in contestazione era il licenziamento di un manager di una società operante nel settore del turismo.
La società datrice di lavoro lo aveva denunciato a seguito di una denuncia per molestie sessuali da parte di due dipendenti, avvenute durante i normali turni di lavoro. Le due donne lo avevano, inoltre, accusato di fare uso di bevande alcoliche durante l’orario di lavoro.
A tali accuse il lavoratore aveva risposto, fornendo le proprie giustificazioni contestando la veridicità degli addebiti e sostenendo che le denunce delle due signore erano motivate dall’astio che nutrivano nei suoi confronti per averle ripetutamente richiamate all’ordine sul posto di lavoro e aver loro negato le ferie.
Nonostante le indagini interne all’azienda non avessero consentito di stabilire con certezza se l’uomo facesse uso di bevande alcoliche durante l’orario di lavoro, la società aveva reputato fondate le accuse in n relazione alle molestie sessuali subite dalle colleghe durante l’orario di lavoro… e pertanto, con lettera di contestazione gli intimava il licenziamento per giusta causa con effetto immediato.

Il ricorso al giudice di merito

Avverso tale provvedimento quest’ultimo proponeva ricorso dinanzi al giudice civile lamentandone la nullità per mancanza dei requisiti di specificità, immutabilità immediatezza della contestazione disciplinare con conseguente violazione del diritto di difesa, nonché per carenza del giustificato motivo soggettivo.
Ma il ricorso non è stato accolto. A pronunciarsi sulla vicenda è stato il Tribunale di Roma, giudice del lavoro, il quale in ordine alle doglianze concernenti la genericità delle contestazioni disciplinari ha ricordato  il costante insegnamento della suprema corte secondo cui, “il requisito della specificità degli addebiti contestati è integrato dalla esposizione dei dati e degli aspetti essenziali del fatto nei suoi elementi materiali in modo da consentire al lavoratore incolpato l’immediata difesa senza però l’osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, purché siano fornite al lavoratore le indicazioni necessarie per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati” (Cass. 29240 del 2017).
Nel caso in esame la contestazione indicava chiaramente sia i nominativi delle colleghe molestate che i comportamenti censurati sicché doveva escludersi la sussistenza di: “ un’insuperabile incertezza nell’individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto del lavoratore a difendersi “( Cass. 6889/18) . Infatti il ricorrente aveva potuto esercitare validamente il proprio diritto di difesa.
Del tutto infondata, poi, risultava anche la doglianza concernente la violazione del principio di immediatezza poiché la contestazione disciplinare era avvenuta a una settimana di distanza dalla conoscenza della condotta da parte del datore di lavoro.

L’utilizzo del verbale di sommarie informazioni nel processo civile

Nell’ambito degli accertamenti interni, l’azienda aveva effettuato delle investigazioni difensive ai sensi degli articoli 327 bis e 391 bis cpp, raccogliendo diverse “testimonianze” di colleghi e persone informate suo fatti.
Ebbene, circa il valore probatorio di tali dichiarazioni la giurisprudenza di merito ha ritenuto l’utilizzabilità nel processo civile di un verbale di sommarie informazioni rese al difensore di una delle parti in sede di investigazioni difensive, costituente atto pubblico, salva ogni valutazione in merito all’ attendibilità delle dichiarazioni del deponente (Trib. Roma, IX Sez. Civile, ord. 29 luglio 2015).
Infatti la suprema corte (Cass Pen. Sez. ll, 17 ottobre 2007 n. 43349) ha affermato che : “le dichiarazioni assunte dal difensore deII’indagato neII’ambito di attività di investigazione difensiva hanno lo stesso valore probatorio astratto delle dichiarazioni acquisite dal p.m.“, ovvero di atto pubblico.
Infatti i verbali delle indagini difensive e le relative registrazioni sono, atti tipici di un procedimento istruttorio previsto nel c.p.p., ove all’avvocato che agisce in tale sede si attribuisce la stessa posizione di pubblico ufficiale propria del Pubblico Ministero, ed agli atti dal medesimo verbalizzati la stessa natura degli atti di indagine per acquisizione di sommarie informazioni testimoniali posti in essere dal Pubblico Ministero e/o della Polizia Giudiziaria ex art. 63 c.p.p. : ovvero natura di atti pubblici (Cass. pen., Sez. Un., 27.6.2006, n. 32009, cfr. Cass. pen., Sez. ll, 20.1.-22.2.2011, n. 6524).
Il licenziamento è stato perciò confermato in primo grado.

La redazione giuridica

 
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