La sentenza che si allega alla presente riflessione la dice lunga sull’importanza della specializzazione in medicina legale per i consulenti tecnici di ufficio, la maggior parte dei quali, quando non specialisti, redigono perizie senza cognizione di causa.

Questo è il caso di un CTU (certamente non specialista in medicina legale – anche se dalla sentenza non si evidenzia!) che ha confuso i requisiti sanitari della legge 222/84 (INPS) con quelli della legge del 5 febbraio 1992 sull’invalidità civile.

Tale “buco” culturale sottende tante altre lacune. Tra queste, la differenza tra capacità lavorativa generica e quella confacente.

Tale discrasia, se si rilevasse solo in giudizi di ATP, sarebbe meno grave rispetto a un giudizio pendente di fronte alla corte di appello. Questo per rifarmi a ciò che affermai qualche mese fa sulla necessità che i Giudici non solo vigilino sulle capacità dei propri consulenti, ma soprattutto sui loro titoli.

E’ il solito male che ammorba la Giustizia e che in un articolo  inquadrai così: “Chi è il più colpevole, il CTU o il Giudice? Ambedue!

Anche nel caso di specie nel giudizio di primo grado erano stati ben inquadrati i fatti dal CTU, mentre in Corte di Appello, il nuovo CTU si è messo a fare i conti con le “tabelline” dell’invalidità civile per rilevare i requisiti sanitari richiesti dalla legge 222/84.

Insomma, il tutto termina da un lato in una grave perdita di tempo per la giustizia che si trasforma in “Ingiustizia” per una delle parti del giudizio, dall’altro in un nulla di fatto in quanto manca la punizione per chi erra per imperizia.

La conclusione? Che il solito CTU continuerà a fare “casini” in altri giudizi per gli stessi motivi o per altri in quanto privo delle “speciali competenze” per fare il medico legale.

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

SCARICA QUI LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

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2 Commenti

  1. Quando i giudici nel nominare i CTU si ricorderanno che esistono anche gli odontologi forensi da affiancare ai medici legali ?

  2. Se la malpractice causa un morto i periti cercano di transare o fanno sì che ci sia risarcimento prima di una condanna penale. Se ci sono lesioni personali e danno ma si “sopravvive” finché non sopraggiungera’ la morte lentamente per una vita rovinata, i periti tentano in tutti i modi anche con illazioni e imprecisioni scientifiche di salvare i colleghi e far si che il risarcimento arrivi quando ol paziente passerà a miglior vita. Come medico non capisco … ci sono forse linee guida diverse da applicare .. ? o perché , quali sono i motivi? il mio caso che vi ho raccontato in altri post è espressione di questa faccia bifronte …. che di sicuro non fa un gran servizio alla categoria medica in toto e dei CTU in particolare e pone molti dubbi …..

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