Cosa si intende per adempimento e per inadempimento secondo quanto statuito dal IV libro del codice civile.

Il raffronto tra l’articolo 1176, 2° co. ed il 1218 del codice civile. Quest’ ultimo articolo viene collocato a distanza dall’art. 1173 c.c. nonostante sia fonte di obbligazione.

La teoria soggettiva, quella oggettiva e la mediana. L’orientamento della dottrina (G. Osti) e la liberazione del debitore prevista all’art. 1256 del c.c.

L’irrisarcibilità del danno sancita dal 2°co. e la gravità della colpa ex art. 1°co. dell’ art.1227 c.c.

 

Il libro IV del codice civile disciplina le modalità secondo le quali l’adempimento esatto consente al debitore di liberarsi dalla prestazione. Si ha adempimento laddove vengono rispettati i termini, i modi ed il luogo stabiliti dalla fonte dell’obbligazione.

Questa può derivare sia da fatto illecito o da ogni altro fatto idoneo a produrle oltre che, in via prevalente, derivare da contratto. L’art. 1218 del cod.civ. , che stabilisce la responsabilità del debitore per le obbligazioni in generale, viene collocato solo dopo vari articoli al capo III, avendo stabilito appunto quali siano le fonti delle obbligazioni con l’art. 1173 c.c. Affinché si abbia adempimento nell’accezione generale prevista dalla legislazione vigente è necessaria l’accortezza prevista dal 1176 c.c., ovvero la diligenza del buon padre di famiglia.

Al 2° comma l’art. 1176 del cod. civ. però, aggiunge una ulteriore accortezza da dover usare, considerando la specificità inerente l’esercizio di un’attività professionale, cioè che tale diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

Sino a questo punto nulla questio sulla regolamentazione dell’adempimento, ma cambia nel momento in cui interviene il 1218 c.c. per stabilire quando l’attività posta in essere dal debitore debba essere considerata inadempimento e quali le sue esimenti.

Difatti, l’articolo in questione, al fine di stabilire la responsabilità afferma che è tenuto al risarcimento del danno il debitore che non prova l’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

La dottrina (Natoli), a tal proposito ha elaborato una ipotesi prevalente in sede di stesura del codice stesso, come risulta dalla documentazione dei lavori preparatori.

La c.d. teoria oggettiva per cui, al fine di assicurare la maggior correttezza possibile ai traffici economici ha accolto una concezione particolarmente rigida dalla responsabilità contrattuale.

L’inadempimento sussiste per il solo fatto che la prestazione dovuta sia rimasta ineseguita e conseguentemente il debitore può liberarsi solo provando l’oggettiva impossibilità della prestazione. L’art. 1176 c.c., secondo tale concezione, risulta una mera regola di condotta. Il 1° co. dell’art. 1176 c.c. fa riferimento alle obbligazioni non determinate nel contenuto come quelle di mezzo, il 2° co. riguarda l’attività professionale per cui deve valutarsi la natura stessa dell’ attività svolta.

L’inadempimento imputabile ai sensi dell’art. 1218 c.c. si ha per effetto della mancata e inesatta esecuzione che implica la responsabilità del debitore per il risarcimento dei danni patiti dal creditore.

L’inadempimento non imputabile consente la liberazione del debitore ai sensi dell’ art. 1256 c.c.

L’inadempimento è imputabile al debitore non solo quando è conseguenza di una sua scelta volontaria ma anche quando discende da una sua incapacità finanziaria o tecnica, ovvero da negligenza o da mora nella preparazione dell’adempimento per colposa inettitudine iniziale del debitore e nella esecuzione della prestazione.

Dal 2° com. dell’art. 1227 del cod. civ. emerge in modo evidente che è irrisarcibile il danno evitabile da parte del creditore, mentre il 1° comma stabilisce una gradazione differenziata del risarcimento in base alla gravità della colpa e l’entità delle conseguenze derivate.

La causa impeditiva ignota nell’ambito dell’ inadempimento contrattuale e della sua relativa imputabilità, pertanto, viene posto sempre a carico del creditore qualora dal combinato disposto tra l’art. 1227 e 1218 sia stata portata innanzi una condotta impeditiva dell’evento-inadempimento contrattuale, in armonia con gli art. 40 e 41 c.p. riguardo il concorso di colpa del danneggiato.

Si ha rilevanza della causa ignota quando si rende impossibile la prestazione e non è individuabile dal debitore ovvero l’ipotesi in cui il debitore dimostra di aver tenuto un comportamento conforme al modello di diligenza, dimostrando di fatto di averla posta in essere per quel determinato rapporto obbligatorio che lo richiedeva. Tuttavia, non riesce ad individuare quella che e’ la causa specifica che determinato l’impossibilità della prestazione e quando la mancata esecuzione il debitore dimostra, da parte sua, tutto quello che sapeva e poteva fare; è stato diligente, ma la causa rimane ignota. La responsabilità contabile rimane, comunque, responsabilità per colpa per il 1218 c.c. Se la diligenza dimostra la non imputabilità ed il fatto che la causa ignota grava sul creditore.

Questi non riceve la prestazione esatta e non sa perché ciò sia accaduto e dall’altra parte un debitore che sa di essersi comportato conformemente agli standard di diligenza e ciò lo salva da responsabilità.

L’equazione responsabilità contrattuale uguale responsabilità per colpa solleva il debitore che non ha l’onere di indagare sulla causa determinativa dell’impedimento, è oggi fortemente discussa perché non coerente con la formazione letterale del 1218 c.c.

Alla base del 1218 la responsabilità contrattuale e diversamente concepita, a prescindere dal ruolo della colpa, comunque non e’ in discussione la causa ignota e quindi inadempimento grava sul debitore e mai sul creditore.

Occorre distinguere nell’ambito del 1218 c.c. due distinti profili: da un lato l’impossibilità della prestazione e dall’altro la non imputabilità della causa che ha determinato l’impossibilità.

Il 1218 del cod. civ. afferma che il debitore è responsabilità dell’inadempimento a meno che l’inadempimento deriva da impossibilità della prestazione a lui non imputabile.

E’ onere del debitore questa dimostrazione. Ciò significa che l’onere probatorio del debitore dovrebbe essere scomposto in due momenti: da un lato individuare specificatamente quel fattore che ha determinato l’impossibilità della prestazione e quindi è da definire bene cosa si intenda per impossibilità della prestazione, così ad esempio per impossibilità oggettiva e assoluta, oppure per impossibilità relativa, o da verificare sotto la luce del criterio della buona fede.

Al di là del contenuto della impossibilità, il 1218 c.c. si impone di determinare la causa di questa stessa.

La causa rimane un fattore specifico dell’ impossibilità, anzi è un fattore ascrivibile alla diligenza.

Causa ignota vorrà dire impossibilità nel dimostrarne la non rimproverabilità di questa causa né estranea, né fattore di rischio dell’organizzazione prevista, quindi la causa ignota rimarrebbe sempre a carico del debitore in caso di inadempimento contrattuale.

La Corte di Cassazione, sez. III, sentenza n°17143 del 9.10.2012, intervenuta in materia di responsabilità medica c.d. “strutturata” e specialistica, ritiene che la responsabilità professionale vada esaminata con maggior rigore, dovendosi aver riguardo alla peculiare specializzazione richiesta e alla necessità di adeguare la condotta alla natura ed al livello di pericolosità della prestazione.

La soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, richiede notevole abilità specie se nuovi o di speciale complessità, con largo margine di rischio in presenza di ipotesi non ancora adeguatamente studiate o sperimentate, ed è il medico, in caso di insuccesso, che deve dare la prova della particolare difficoltà della prestazione.

La giurisprudenza consolidata e maggioritaria ritiene che il creditore (paziente) deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto allegandola, invece è il debitore (medico) a dover dimostrare la prova del fatto estintivo dell’avvenuto inadempimento.

Nelle cause di responsabilità medico-professionale è il paziente che agisce in giudizio provando l’inesatto inadempimento dell’obbligazione sanitaria, mentre il medico deve dimostrare che la prestazione è stata eseguita in modo diligente e che l’impedimento non era prevedibile né prevenibile con la diligenza dovuta, ex multis Cassaz. n°15993 del 21.7.2011.

Avv. Vincenzo Caruso

 

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