Prevenzione speciale per gli stalker: per il Tribunale di Milano si tratta di soggetti socialmente pericolosi e pertanto deve ritenersi legittima l’ applicazione di misure di prevenzione in presenza di concreti ed attuali elementi sintomatici di pericolosità sociale

Le misure di sicurezza

Le misure di prevenzione a differenza delle misure di sicurezza le quali presuppongono la commissione di un fatto di reato o di quasi reato, prescindono da tale presupposto e sono applicate sulla base di indizi di pericolosità contemplati da specifiche norme di legge.
Esse sono attualmente disciplinate dal D.Lgs. n. 159/2011 recante “Codice delle leggi antimafia e delle misre di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”.
L’art. 4 individua i soggetti, possibili, destinatari di tali misure. Si tratta 1) coloro che, sulla base di elementi di fatto, siano ritenuti  abitualmente dediti a traffici delittuosi;
2) coloro che, per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
3) coloro che per il loro comportamento, debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la società, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
Ma cosa c’entra allora il reato di stalking con le misure di prevenzione?
In una recente pronuncia, il Tribunale di Milano ha affermato che i soggetti indagati per il delitto di stalking, possono essere concretamente collocato nella categoria dei soggetti socialmente pericolosi, di cui al citato art. 4 comma 1 lettera i) ter del D.Lvo 159/2011 come modificato dall’art. 1 comma 1, lettera d) della legge 17 ottobre 2017.

La vicenda

L’indagato era stato già sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere emessa a seguito di convalida dell’arresto in flagranza di reato, dal GIP presso il Tribunale di Milano, il quale aveva ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza- per i delitti di violenza sessuale aggravata, commessa in danno della vittima, “minacciata con l’uso di un coltello” al fine di ottenere in cambio prestazioni sessuali.
Invero, l’imputato era accusato anche del delitto di stalking, perché molestava la vittima con condotte reiterate protrattesi per diversi anni, tali da cagionare alla stessa un perdurante e grave stato di ansia e ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria. Con l’aggravante di avere commesso il fatto nei confronti di persona con cui vi era stata una relazione affettiva.

Il giudizio del Tribunale del Riesame

Contro l’ordinanza di custodia cautelare, l’uomo aveva perciò, proposto opposizione dinanzi al tribunale del riesame di Milano, contestando la palese violazione costituzionale di tali misure restrittive della libertà personale.
Ma per l’adito giudice, «in un Paese dove circa un quarto degli omicidi volontari riguarda casi di femminicidio – evento terminale spesso preceduto da attività persecutorie poste in essere dall’agente violento- e dove il 77 % delle vittime del delitto di atti persecutori risultano essere di sesso femminile, non appare certamente irragionevole o irrazionale, su un piano di lettura costituzionale, l’avere introdotto da parte del legislatore un ulteriore strumento di tutela sociale per il contenimento di forme di pericolosità diffusa».
«Il soggetto proposto – ha aggiunto – può essere concretamente collocato nella categoria dei soggetti socialmente pericolosi, di cui all’art. 4 comma 1 lettera i) ter del D.Lvo 159/2011 come modificato dall’art. 1 comma 1, lettera d) della legge 17 ottobre 2017 in quanto gravemente indiziato della consumazione (anche) del delitto di atti persecutori commesso in danno dell’ex compagna».
In tal senso il presupposto dell’applicazione delle misure di prevenzione è l’accertamento dell’attualità della pericolosità sociale della persona.

La pericolosità sociale

La giurisprudenza ha da tempo, chiarito che il venir meno dell’attualità della pericolosità consegue non tanto al semplice decorso del tempo o allo stato di detenzione, quanto al compimento di atti volontari positivi, indicativi in modo inequivoco ed incontrovertibile che il soggetto abbia mutato condotta di vita, atti positivi che nella vicenda personale in esame non risultavano sussistenti.
Al contrario, la pericolosità sociale dell’indagato era stata già accertata dal giudice di primo grado e riconfermata in appello, evidenziando come l’uso di un coltello da cucina rivolto verso la donna per ottenere un rapporto sessuale- costituisse un indice accentuato di pericolosità sociale concreto ed attuale, sintomatico di tratti personologici violenti in grado di ledere non sole le aspettative di tranquillità sociale della vittima ma anche delle persone a lei legate da stretti rapporti relazionali quali il figlio minore, affidato in custodia alla nonna per evitare l’esposizione a forme di violenza assistita.
Il Tribunale del Riesame ha perciò deciso di confermare la decisione già adottata dal giudice di prime cure, convertita nella detenzione domiciliare.

La redazione giuridica

 
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