La Malattia di Fabry è una patologia rara che colpisce soprattutto i reni, riducendo l’aspettativa di vita dei pazienti fino a 30 anni rispetto al resto della popolazione

La malattia di Fabry è una patologia genetica rara, ma non rarissima, caratterizzata da un accumulo di particolari grassi in varie cellule dell’organismo. Colpisce soprattutto i reni, il sistema nervoso e l’apparato cardiocircolatorio. Chi ne è affetto ha un’aspettativa di vita fino a 30 anni in meno rispetto al resto della popolazione. La patologia riguarderebbe oggi 700 italiani, ma si tratta di un numero sottostimato. In totale i casi potrebbero ammontare a più del doppio.

Nei giorni scorsi a Napoli 250 specialisti nefrologi, cardiologi, neurologi, genetisti, dermatologi e oculistisi si sono ritrovati per fare il punto sullo stato dell’arte della lotta alla patologia.

“La diagnosi può diventare un’odissea durante la quale il paziente può passare sotto la lente di osservazione anche di una decina di diversi specialisti”.

Ad affermarlo è il prof. Antonio Pisani, ricercatore dell’Università Federico II di Napoli. “Dall’insorgenza della malattia alla sua corretta individuazione – sottolinea Pisani – passano fino a 18 anni per gli uomini e addirittura 25 anni per le donne. La Malattia di Fabry non presenta sintomi specifici ed è ancora poco conosciuta dalla maggioranza del personale medico-sanitario. Si caratterizza dall’insufficienza di un enzima, chiamato alfa-galattosidasi A, e viene determinata da un piccolo gene che può presentare fino ad oltre 800 diverse mutazioni. Quindi la patologia si presenta e manifesta in modo estremamente vario. Tutti questi motivi spiegano le grandi difficoltà che si riscontrano nell’individuarla tempestivamente. E’ quindi fondamentale riuscire ad aumentare il livello di conoscenza e consapevolezza tra tutti gli specialisti che possono essere coinvolti. L’approccio multidisciplinare risulta, infatti, l’unico possibile per affrontare un così grave e complesso problema di salute”.

Tra i vari clinici che si occupano della Malattia di Fabry particolare importanza deve essere attribuita al pediatra.

“Nelle prime fasi della vita la patologia si manifesta attraverso precisi segni premonitori”, sostiene Marco Spada, Direttore della Pediatria dell’Ospedale Regina Margherita di Torino. I bambini colpiti lamentano soprattutto dolori brucianti ai palmi delle mani e dei piedi. Un altro sintomo è rappresentato dalla scarsa, o totale, assenza di sudorazione che rende impossibile ad un bimbo giocare con i coetanei. Infine si riscontrano di solito anche forti dolori addominali ricorrenti. “Sono dunque dei disturbi abbastanza comuni tra i giovanissimi – continua Spada – e il pediatra deve imparare a non sottovalutare questi campanelli d’allarme. Se riusciamo a intervenire già durante l’età pediatrica possiamo evitare danni irreversibili ad organi importantissimi”.

Sul fronte dei trattamenti oggi sono disponibili due tipologie di cure.

“La prima – sottolinea Federico Pieruzzi, Dirigente Medico della Clinica Nefrologica ASST-Monza Ospedale S Gerardo – è la terapia enzimatica sostitutiva che viene somministrata per via endovenosa ogni 14 giorni. Permette di rallentare la progressione della malattia e addirittura di prevenirla in caso di diagnosi precoce. Da un paio di anni anche in Italia è possibile prescrivere una terapia orale detta “chaperonica”. E’ una molecola in grado di modificare, in quei malati che presentano mutazione specifica, l’accumulo dei grassi. Grazie a questi farmaci possiamo proteggere gli organi colpiti e garantire così una buona qualità di vita ai pazienti”.

Le nuove prospettive riguardanti la Malattia di Fabry, che sono state affrontate nel meeting di Napoli, riguardano i progressi nella diagnosi e nella terapia. “Stiamo lavorando alla messa a punto di marcatori specifici che potranno individuare sia la gravità della patologia che la risposta al trattamento da parte del paziente – conclude Pisani -. Per quanto riguarda invece le novità nelle cure si sta affacciando la prospettiva di un utilizzo combinato della terapia orale insieme a quella enzimatica sostitutiva. Sono poi in corso studi, condotti anche in centri del nostro Paese, per la messa a punto di una nuova terapia genica”.

 

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