Alcuni rappresentanti dell’opposizione avevano affisso dei manifesti offensivi contro il sindaco, riportanti espressioni quali falso, bugiardo, ipocrita e malvagio

Nel corso della campagna elettorale il candidato alla carica di primo cittadino di un Comune siciliano aveva dichiarato di voler rinunciare all’indennità di funzione. Una volta eletto, tuttavia, tradendo tale promessa, aveva deliberato l’erogazione del compenso. Alcuni rappresentanti dell’opposizione avevano quindi affisso lungo per le vie del Paese alcuni manifesti offensivi contro il sindaco. Più specificamente vi erano contenute delle espressioni quali “falso, bugiardo, ipocrita e malvagio”.

Ne era scaturito un procedimento per diffamazione in cui gli imputati, pur riconoscendo la paternità del manifesto, escludevano ogni intento denigratorio. Il messaggio, a loro dire, era frutto di una decisione politica diretta ad attaccare il Sindaco e la sua Giunta.

La Corte di appello, ribaltando la decisione del Tribunale, aveva accolto tali argomentazioni assolvendo gli imputati. I Giudici di secondo grado avevano infatti ritenuto integrata la scriminante del diritto di critica. Le frasi incriminate, sia pure offensive, dalla lettura integrale del manifesto apparivano come apparivano pertinenti al giudizio politico.

Il Sindaco aveva presentato ricorso per Cassazione sostenendo che le espressioni impiegate sui manifesti superassero i limiti di continenza del diritto di critica. Le frasi, a suo dire, sarebbero state inutilmente umilianti.

La Suprema Corte, nel pronunciarsi sulla vicenda, ha ricordato che il diritto di critica attiene a un giudizio valutativo che trae spunto da un fatto.

Esso esclude la punibilità di affermazioni lesive della reputazione altrui. E’ necessario, tuttavia, che “le modalità espressive siano proporzionate e funzionali all’opinione o alla protesta espresse”, in considerazione degli interessi e dei valori ritenuti compromessi.

Inoltre, nel valutare il requisito della continenza, bisogna tenere presente il complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta. Infine occorre verificare se i toni utilizzati non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, comunque pertinenti al tema in discussione.

Date tali premesse, gli Ermellini rilevano che il rispetto della verità del fatto assume un’importanza più limitata e necessariamente affievolita rispetto al diritto di cronaca. La critica, infatti, soprattutto in ambito politico ha per sua natura carattere congetturale. Non si può pertanto pretendere che sia rigorosamente obiettiva e asettica.

Tale principio, invece, non vale qualora le espressioni denigratorie siano generiche e non collegabili a specifici episodi. In tale ipotesi si tratterebbe di frasi gratuitamente espressive di sentimenti ostili o di un attacco personale lesivo della dignità morale e intellettuale dell’avversario.

La Corte d’appello aveva quindi correttamente ritenuto che le espressioni utilizzate dagli imputati presentassero una stretta attinenza alle vicende politiche del Paese. Gli epiteti impiegati nei manifesti offensivi contro il sindaco erano collegati al mancato adempimento delle promesse elettorali.

Il Sindaco, peraltro, aveva omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell’indennità di funzione. I Giudici di legittimità, pertanto, con la sentenza n.317/2018, hanno ritenuto di respingere il ricorso.

 

 

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