Il rappresentante nella mediazione non può mai identificarsi nella persona dell’avvocato che difende e rappresenta la parte in giudizio; né tanto meno, il rilascio di una procura speciale notarile sana il vizio di illegittimità nello svolgimento della procedura di mediazione e il sotteso rischio di improcedibilità della domanda giudiziale

Lo ha affermato il Tribunale di Vasto (sent. n. 400/018) chiamato a pronunciarsi sull’eccezione di improcedibilità della domanda sollevata dalla convenuta, sul rilievo che la procedura di mediazione si era conclusa senza che la parte istante fosse mai comparsa agli incontri (se non rappresentata dal solo difensore).

La vicenda

Oggetto della contesta è un immobile ad uso commerciale concesso dalla parte ricorrente ad una società in nome collettivo, sito nel comune di Vasto.

Ebbene, secondo la parte attrice, la convenuta si era resa morosa nell’adempimento delle sue obbligazioni ed in particolare nel pagamento del canone di locazione. Per tali ragioni, quest’ultima l’aveva citata in giudizio al fine di ottenere la convalida dello sfratto per morosità.

Senonché il giudice ordinario accoglieva le eccezioni sollevate dalla convenuta e assegnava alle parti un termine di quindici giorni per l’attivazione del procedimento di mediazione, ai sensi dell’art. 5, comma 4, lett. b), D.Lgs. 28/2010.

Il procedimento di mediazione

Il procedimento di mediazione si articolava in più incontri, durante i quali la parte istante non compariva mai attraverso il proprio legale rappresentante, ma soltanto attraverso il proprio avvocato, munito di procura speciale notarile.

E…qui il punto!

Il procedimento di mediazione si concludeva negativamente, per mancata accettazione della proposta conciliativa formulata dal professionista. Senonché, alla prima udienza celebratasi, a conclusione della fase stragiudiziale, la parte convenuta eccepiva l’improcedibilità della domanda sul rilievo che la procedura di mediazione si era svolta senza la comparizione della parte istante.

La giurisprudenza di merito

Il Tribunale di Vasto, al fine di dare una soluzione alla vicenda in esame, ha inteso richiamare il prevalente orientamento della giurisprudenza di merito secondo il quale, ai fini del corretto esperimento del procedimento di mediazione, è necessario che le parti siano sempre presenti personalmente, assistite dai rispettivi avvocati, a tutti gli incontri programmati innanzi al mediatore.

L’assenza ingiustificata di una o di entrambe le parti, costituendo un comportamento anti doveroso assunto in violazione di un preciso obbligo di legge, espone che la parte che decide di non presenziare personalmente alla procedura di mediazione al rischio di subire le conseguenze sanzionatorie, sia sul piano economico che processuale, previste dall’art. 8, comma 4bis, del D.Lgs, n. 28/2010.

Con riferimento al caso in esame, qualora la parte attrice, che dapprima abbia presentato la domanda di mediazione e poi non abbia partecipato personalmente al primo o ai successivi incontri preferendo delegare l’incombente al proprio avvocato, deve ritenersi che la condizione di procedibilità non si sia avverata, dal momento che, ai fini della procedibilità della domanda, non è sufficiente esperire procedimento di mediazione purchessia, ma è necessario rispettare tutte le condizioni di legge per un rituale e corretto svolgimento della procedura, prima tra le quali quella che impone alle parti di essere presenti personalmente agli incontri dinanzi al mediatore e, in particolar modo, al primo incontro, che costituisce uno nodo cruciale di tutta la procedura.

Con ciò -aggiunge il Tribunale abruzzese – non si vuole sostenere che sia preclusa alle parti la possibilità di delegare un terzo alla partecipazione alla procedura, ma solo a condizione che siano rispettati due presupposti.

La causa ostativa

La parte che intende farsi rappresentare in mediazione da un altro soggetto deve dedurre e provare che sussiste una causa che le impedisca di essere personalmente presente.

Tale ragione ostativa deve avere le caratteristiche di un impedimento:

–          oggettivo (cioè tale da non consentire alla parte, che pure vorrebbe intervenire, la materiale possibilità di presenziare agli incontri),

–          assoluto (vale a dire non superabile con uno sforzo di ordinaria lealtà e diligenza)

–          e non temporaneo (cioè idoneo a protrarsi per un periodo di tempo superiore ai termini di durata massima della procedura di mediazione).

Inoltre, il terzo deve essere a conoscenza dei fatti che hanno originato il conflitto e sia dotato (tramite previo rilascio di una procura speciale) del potere di assumere decisioni vincolanti per la parte rappresentata.

Il rappresentante, ad ogni modo, non potrà mai identificarsi nella persona dell’avvocato che difende e rappresenta la parte in giudizio, per tre ordini di ragioni:

1)      Perché non è pensabile applicare analogicamente alla mediazione le norme che all’interno del processo consentono alla parte di farsi rappresentare dal difensore (art. 83 c.p.c.), data la evidente diversità di ratio tra i due istituti;

2)      Perché nella mediazione la funzione dell’avvocato è di mera assistenza alla parte comparsa per la migliore efficacia e funzionamento dell’istituto, e non di rappresentanza della parte assente;

3)      Perché la presenza del solo avvocato, non accompagnato neppure da un fiduciario dell’interessato, impedirebbe al mediatore di avere un contatto diretto con le persone protagoniste del conflitto, precludendogli di comprendere i bisogni, gli interessi, i sentimenti dei soggetti coinvolti.

A ciò va altresì aggiunto che anche il conferimento, ad opera della parte interessata, di una procura speciale notarile al proprio avvocato non vale a sanare il rilevato vizio di illegittimità nello svolgimento della procedura di mediazione e il sotteso rischio di improcedibilità della domanda giudiziale.

La redazione giuridica

 

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