Cosa accade se la parte non si presenta personalmente all’incontro fissato per la mediazione? Una sentenza della Corte di Appello di Ancona lo chiarisce

A questo interrogativo, assenza in mediazione di primo grado, ha dato risposta la sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 797 depositata il 22 agosto 2017, Consigliere estensore il dott. Ugo Pastore, che può essere definita una decisione storica.

La Corte territoriale, infatti, ha dichiarato d’ufficio l’improcedibilità della domanda giudiziale per omesso esperimento della procedura di mediazione, attesa la mancata partecipazione personale della parte al primo incontro informativo, svolto in primo grado.

L’obbligo di preventiva mediazione.

La Corte d’Appello osserva che ai sensi dell’art. 8 del D.lgv. n. 28/2010 l’obbligo di preventiva mediazione può ritenersi osservato solo in caso di presenza personale della parte o di un suo delegato, diverso dal difensore, e non in caso di comparsa esclusivamente del difensore, atteso che scopo della mediazione è quello di riattivare la comunicazione fra i soggetti in conflitto al fine di metterli nelle condizioni di verificare la possibilità di una soluzione concordata.

Per il Collegio, infatti non avrebbe alcun senso imporre un incontro tra i soli difensori ed il mediatore per un’informativa del tutto inutile e un tentativo di conciliazione che potrebbe essere ben svolto anche in altra sede senza particolari formalità ed inutili esborsi.

Ciò premesso, la Corte territoriale, basandosi sul dato letterale offerto dall’art. 5 del D. Lvo n. 28 del 2010, ritiene che il giudice sia obbligato a rilevare tempestivamente d’ufficio l’improcedibilità per difetto di mediazione, trattandosi di un indefettibile presupposto per l’inizio o la prosecuzione del processo.

Si deve sottolineare che l’art. 5 D. Lgs. n. 28/2010 fa riferimento solo alla funzione di assistenza del difensore e non anche a quella di rappresentanza, dando pertanto, da un lato, per presupposta la presenza degli assistiti e, dall’altro, per scontato che la parte ed il suo difensore siano due soggetti diversi. La possibilità di conferire una procura di carattere sostanziale ad altra persona deve pertanto essere limitata alle sole ipotesi di accertata impossibilità di comparire personalmente. È questo il caso, ad esempio, del legale rappresentante di una società di notevoli dimensioni o di un soggetto affetto da gravi patologie o residente all’estero.

Da tanto discende che se l’improcedibilità non sia stata tempestivamente e ritualmente rilevata, non può essere precluso al giudice di secondo grado di apprezzarne, d’ufficio, l’insussistenza in termini di validità.

La rilevabilità dell’improcedibilità

La Corte argomenta sostenendo che se da un lato il primo comma dell’art. 5 su citato prevede che l’improcedibilità debba essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza, la stessa norma prevede anche che il giudice, rilevato d’ufficio il mancato valido esperimento della mediazione, assegni alle parti un termine di 15 giorni per provvedere. Tanto fa presumere che una simile previsione di decadenza sia funzionale a sanare il vizio e non a impedirne la successiva declaratoria ai fini della procedibilità della domanda.

E del resto ove si consideri la possibilità, prevista dal comma 2 dello stesso articolo, che il giudice di secondo grado possa, al di fuori dei casi di obbligatorietà della mediazione previsti dal comma I bis, disporre d’ufficio l’esperimento della mediazione, divenendo tale procedimento in tal caso condizione di procedibilità della domanda anche in appello, da un lato conferma il particolare favore attribuito dal legislatore all’istituto come mezzo privilegiato di risoluzione, anche in sede di gravame, di alcune controversie civili e dall’altro autorizza un allargamento delle possibilità per il giudice dell’impugnazione di rilevare l’impossibilità di una pronunzia nel merito per violazione delle condizioni di legge per promuovere giudizialmente la domanda.

Appare evidente che un diverso approccio alla questione determinerebbe, secondo la Corte d’Appello, “un vulnus per la stessa previsione deflattiva di obbligatorietà dell’istituto laddove le parti si accordino o di fatto addivengano ad una elusione della previsione confidando sull’omesso apprezzamento da parte del giudice del mancato esperimento o della irritualità della mediazione effettuata”.

La portata cogente dell’obbligo di mediazione

E d’altronde a conferma della portata cogente dell’obbligo di mediazione milita anche la previsione del comma 4 bis dell’art. 8 del D. Lgv. n. 28/2010 che prevede la possibilità per il giudice di sanzionare l’ingiustificata partecipazione di una parte al procedimento e di valorizzarla ai sensi dell’art. 116 comma 2 c.p.c. nel successivo giudizio.

Sarebbe pertanto illogico che il giudice di secondo grado, una volta apprezzata la nullità della pronunzia di merito di primo grado per non avere il giudicante rilevato l’irritualità della mediazione consentendone l’eventuale sanatoria, riesaminasse il merito della domanda in difetto di rituale mediazione.

A favore di questa soluzione milita la specifica esclusione dalla previsione dell’art. 5 comma 2 richiamato delle ipotesi di mediazione obbligatoria che indice a ritenere che non sia consentito al giudice d’appello di sanare d’ufficio il vizio di procedibilità consentendo alle parti di sanare l’omessa o irrituale mediazione.

Infine, la Corte sottolinea che non può considerarsi ostativa di una pronunzia di improcedibilità la previsione dell’art. 101, comma 2, c.p.c. , atteso che la questione rilevata d’ufficio dalla Corte stessa è di mero diritto riguardando le condizioni di legittimità della mediazione, e non comporta apprezzamenti di fatto tali da determinare esigenze di integrale contraddittorio fra le parti e nei confronti del giudicante.

La Corte, in riforma dell’impugnata sentenza  ha dichiarato l’improcedibilità della domanda.

Avv. Maria Teresa De Luca

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