In tema di responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica, resta a carico degli obbligati – siano essi la struttura sanitaria o i medici coinvolti – la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che gli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile, rimanendo irrilevante, sotto il profilo della distribuzione dell’onere probatorio, che si tratti o meno di intervento di particolare difficoltà

Lo ha affermato il Tribunale di Cassino in una recente sentenza (sent. n. 966/2018) con la quale ha condannato due medici e la struttura sanitaria, presso la quale questi ultimi erano impiegati, per i danni arrecati ad un paziente.

A tal proposito il giudice del comune laziale ha affermato che in materia di responsabilità medica, “la ripartizione dell’onere probatorio deve seguire i criteri fissati in materia contrattuale, dovendo il creditore, che agisce per la risoluzione del contratto o per l’adempimento o per il risarcimento del danno, dare prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitarsi alla allegazione della circostanza dell’inadempimento del debitore e quindi dar prova del danno e del nesso causale fra quest’ultimo e l’inadempimento, competendo al debitore la prova che l’inadempimento non vi sia stato oppure, pur esistendo, lo stesso nella fattispecie non sia stato causa del danno stesso”.

Sul piano probatorio, quindi, al paziente basterà dimostrare che, a seguito di prestazioni mediche, ha subito un aggravamento delle sue condizioni psicofisiche o ha constatato l’insorgenza di nuove patologie, mentre il medico sarà onerato della prova relativa alla diligenza della sua specifica opera professionale ed alla riconducibilità degli esiti peggiorativi della salute del paziente ad eventi imprevisti ed imprevedibili.

All’uopo si richiama la sentenza della Corte di Cassazione del 31 gennaio 2014 n. 2185 che dichiara: “In tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente per danni derivanti dall’esercizio di attività di carattere sanitario, il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l’onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno“.

Non soltanto. Di recente, la Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza 20 marzo 2015, n. 5590, ha chiarito che: “In tema di responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e/o del medico per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto (o del “contatto sociale”) e dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento) e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, ed allegare la colpa della struttura, restando a carico dell’obbligato – sia esso il sanitario o la struttura – la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che gli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile, rimanendo irrilevante, sotto il profilo della distribuzione dell’onere probatorio, che si tratti o meno di intervento di particolare difficoltà”.

Il medico sarà, quindi, responsabile qualora il suo operato non si sia esplicato in modo diligente: il livello di diligenza richiesto non è quello generale del pater familias ex art. 1176 c.c. comma 1, ma quello qualificato di cui al comma 2 che deve rapportarsi “alla natura dell’attività esercitata”, nel caso di specie è appunto quella medica.

Ai sensi dell’art. 2236 c.c., inoltre, il medico risponderà dei danni causati al paziente solo in caso di dolo o colpa grave e non in caso di colpa semplice: ciò implica che il grado di diligenza richiesta deve essere valutato anche con riguardo alla difficoltà della prestazione resa. In altri termini, se il caso è di speciale difficoltà, la responsabilità del medico potrebbe assurgere ad una semplice colpa (non grave) così da esimerlo da qualsiasi conseguenza sul piano giuridico.

 

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