Dopo l’approvazione della Legge Gelli, le statistiche analizzano quali sono gli specialisti più a rischio di contenziosi legali. Ginecologi e ortopedici quelli più a rischio di denunce.

È trascorso poco più di un anno dall’entrata in vigore della Legge Gelli sulla responsabilità medico-sanitaria, e il tema relativo a medici e contenziosi legali è più “caldo” che mai.

Ma quali sono gli specialisti più a rischio denunce?

Ebbene, secondo le statistiche, le specializzazioni maggiormente soggette a denunce per prestazioni diagnostiche sono l’oncologia (19%), l’ortopedia (16,4%), la ginecologia e l’ostetricia (12,4%).

Per quel che concerne le terapie spicca l’ortopedia (20,3%), la chirurgia generale (13,4%) la ginecologia e l’ostetricia (12,1%).

In generale, il trend che si rileva in merito al binomio medici e contenziosi legali è quello che vede gli specialisti in prima linea tra quelli più a rischio.

Secondo i dati di AmTrust Europe, però, c’è un preciso identikit del medico “prudente” che stipula assicurazioni sanitarie.

Si tratta al 57% di uomini, provenienti dal Nord d’Italia (43,4%) e di età compresa tra i 50 e i 59 anni.

Ora, in attesa dei decreti attuativi in materia assicurativa che chiuderanno il cerchio normativo delle Legge Gelli, la formazione si conferma elemento chiave della norma che regola la responsabilità professionale in ambito sanitario.

Secondo Consulcesi, network legale da sempre al fianco dei medici, “l’ambito assicurativo è centrale, soprattutto per le specializzazioni mediche più a rischio contenzioso”.

Eppure, ricorda Consulcesi “la prevenzione dell’errore in Sanità passa senza dubbio per la formazione in materia di risk management: l’impennata nella fruizione di corsi in questo ambito, da parte di medici e strutture sanitarie, ne è la dimostrazione lampante”.

Ma perché la formazione è così importante?

“La formazione riveste un ruolo centrale nel dettato normativo della legge 24/2017 (cosiddetta Legge Gelli)”, sottolinea Paola Frati, professore ordinario di Medicina legale presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Questo per un motivo per preciso.

“È lo stesso articolo 3 – spiega Frati – a prevedere l’individuazione di idonee misure per la prevenzione e la gestione dell’errore sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure, nonché per la formazione e l’aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie”.

Per queste ragioni, formazione e prevenzione dell’errore medico devono andare di pari passo. Si tratta, prosegue Frati, di “uno snodo centrale della nuova legge”.

 

 

 

 

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