La portavoce nazionale del Coordinamento Mondo Medico spiega le perplessità e i dubbi rispetto al nuovo sistema di H16 per la medicina convenzionata

“Responsabile Civile” continua a seguire la rivoluzione dell’assitenza H16 che interesserà i medici di base e le sorti del servizio di continuità assistenziale dando voce ai protagonisti del mondo medico. Questa volta a parlare è Maja Fedeli, portavoce nazionale del Coordinamento Mondo Medico, che sull’approvazione del nuovo atto di indirizzo per la medicina convenzionata ha espresso forti perplessità: “Quello che vediamo e che come Coordinamento abbiamo sollevato è che sostanzialmente si sta tagliando fuori il sistema sanitario nazionale inteso così come lo conosciamo noi oggi (cioè una forma di assistenza pressoché democratica che si dà a tutti), facilitando, invece, quello che è un percorso di privatizzazione del sistema. Questo sta avvenendo in maniera non tanto pubblicizzata, ma i tentativi sono forti e anche abbastanza lampanti a chi è un po’ addentro”.

La dott.ssa Fedeli spiega che, contrariamente a quello che potrebbe sembrare a uno sguardo superficiale o inesperto, come può essere quello di un comune cittadino, la riforma in atto non favorirà i pazienti che, comunque, già allo stato attuale nel momento delle urgenze non si rivolgono al medico di base (al quale ci si rivolge per questioni differenti).

Tra l’altro, continua ancora l’esponente del Coordinamento Mondo Medico, “non si avrà il proprio medico di base in servizio H16; si troverà, piuttosto, uno studio di aggregati, dove si potranno trovare dei medici per 16 ore al giorno, ma ci si dovrà comunque rivolgere a un medico che non è quello personale”.

Non è tutto: “la riforma avvantaggerà solo i titolari di uno studio perché chi non è già assegnato non avrà alcun nuovo beneficio”. Insomma, togliendo otto ore di copertura, che fine farà il personale che attualmente svolge quell’incarico? Come verrà utilizzato, dal momento che non si possono spostare i medici di continuità assistenziale sul servizio del 118, visto che la formazione è diversa? E proprio il 118, sul quale ricadrà l’assistenza nelle ore notturne, rappresenta una ulteriore criticità per le problematiche che già conosciamo legate alle ambulanze non medicalizzate, e alla gestione spesso convulsa dei pronto soccorso.

“Il servizio di continuità assistenziale si poteva mantenere benissimo e, tra l’altro, era particolarmente proficuo, dal momento che chi ci lavora, solitamente, ha contratto di libero professionista (sono pochi i medici con contratto di continuità assistenziale che non dà alcuna garanzia e neanche copertura assicurativa che è comunque in carico al medico)”. Una situazione che, paradossalmente, avrebbe dovuto già essere meglio regolamentata o canonizzata, ma che, comunque, dava sbocco a quella folta schiera di medici neo abilitati che non hanno accesso alle scuole di specializzazione: “conosciamo benissimo i numeri: attualmente” spiega Maja Fedeli, “ci sono due generazioni universitarie fuori da ogni percorso formativo post laurea e quello della continuità assistenziale per loro è l’unico sbocco, perché per lavorare all’interno del SSN viene richiesto obbligatoriamente il titolo specialistico, ma sappiamo che l’accesso è chiuso”. A fronte di un oggettivo problema di carenza di personale all’interno delle strutture pubbliche e di una programmazione non efficace rispetto al fabbisogno (dal momento che viene calcolato non in base alle reali esigenze, ma alla disponibilità economica).

E proprio sul tema della formazione degli specializzandi, insomma, si apre un altro fronte problematico che il Coordinamento evidenzia, come già hanno fatto dalle colonne di “Responsabile Civile” altre realtà del mondo medico: “Va benissimo aprire la rete interregionale, e quindi non universitaria, alla formazione, ma questa deve essere garantita! La proposta dell’intersindacale di contrattualizzare gli specializzandi con contratti che sono a tutti gli effetti lavorativi a partire dal terzo anno è un suicidio: dopo due anni non si può essere formati secondo i criteri delle specialità che impongono, invece, tempi di formazione più lunghi. Delle due l’una”.

Il problema, in conclusione, è che le diverse questioni riguardanti l’assistenza (incluse le eventuali riforme) si stanno affrontando sotto profili separati. Siamo in un cul de sac, ma “finché non verranno trovati nuovi fondi, il problema non si sbloccherà” ribadiscono con forza dal Coordinamento Mondo Medico, che ha già sollevato la questione anche al tavolo di confronto con il Ministero al quale sono state proposte, però, delle soluzioni (vedi documento allegato) che sono rimaste inascoltate.

Per approfondire:

Art. 22 del Patto della Salute: inviate al Ministero le proposte per la formazione post-lauream

 

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