Imputazione coatta per i sanitari. Per il giudice se il melanoma fosse stato diagnosticato in tempo il paziente avrebbe avuto maggiori chances di sopravvivenza o quantomeno di cura 

Il Pubblico ministero aveva avanzato la richiesta di archiviazione ma l’opposizione dei legali della famiglia della vittima ha convinto il gip a disporre l’imputazione coatta di otto medici che finiscono così sul banco degli imputati per concorso in omicidio colposo. Le accuse sono relative alla morte di una giovane 31enne della provincia di Lecce, deceduta a marzo del 2011 per un melanoma che era stato scambiato per un nevo intradermico.

La ragazza, a giugno del 2010, si era recata da una dermatologa per farsi asportare il nevo, collocato sulla spalla destra. Dopo l’intervento il materiale estratto era stato esaminato in un centro medico specializzato del capoluogo e i risultati sembravano rassicuranti. Anche gli ulteriori accertamenti effettuati presso l’Ospedale di Scorrano non erano sembrati allarmanti e la 31enne era stata dimessa con una diagnosi di ‘sospetta polimialgia reumatica’.

Trascorso un anno però la donna aveva cominciato ad accusare sintomi poco rassicuranti e si era ricoverata ad Ancona dove era stata accertata la presenza di un nevo ricresciuto nel punto già operato e le era stata diagnosticata una gravissima forma di tumore. La diagnosi era stata confermata anche da una nuova analisi, effettuata a Milano, del frammento del nevo intradermico asportato l’anno precedente che aveva fornito risultati totalmente opposti a quelli del centro specializzato di Lecce. Dopo pochi mesi era sopraggiunto il decesso, per un melanoma con metastasi polmonare e ossea.

Con il fascicolo aperto dalla Procura di Lecce sono stati iscritti nel registro degli indagati, oltre alla dermatologa e all’anatomo-patologo del centro specializzato leccese, cinque medici in servizio presso l’Ospedale di Scorrano e uno specialista in reumatologia. Nell’ordinanza del gip si legge che “i sanitari non hanno proceduto ad approfondire scrupolosamente la patologia che interessava la vittima, limitando il numero e la scelta degli esami da effettuare”.

Il giudice ha ritenuto che se il melanoma fosse stato diagnosticato in tempo si sarebbero offerte più chances di sopravvivenza o quantomeno di cura alla giovane ragazza. Per gli otto medici, che hanno scelto di essere processati con il rito abbreviato, il procedimento riprenderà a metà ottobre.

 

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