L’operatrice, addetta al triage, non avrebbe assegnato la giusta priorità a una donna morta suicida dopo che si era allontanata dall’Ospedale

Si è aperto oggi il processo a carico di una infermiera accusata di omicidio colposo per la morte di una donna morta suicida il 6 ottobre del 2015. L’operatrice era di servizio presso il Pronto soccorso dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino. Quel giorno visitò una signora di 50 anni, giunta presso il nosocomio con ferite di arma da taglio sui polsi. Ferite che si era autoinflitta in un tentativo di suicidio.

I familiari, come ricostruito da Repubblica, erano riusciti a chiamare l’ambulanza che era arrivata a prenderla, senza un medico a bordo, portandola al Maria Vittoria. Qui le era stato detto di aspettare. Il marito non l’aveva seguita perché, a suo dire, non voleva crearle ulteriore agitazione.

Secondo il Pubblico ministero l’infermiera, esperta addetta al triage, non avrebbe assegnato la giusta priorità alla paziente.

Più specificamente, l’imputata avrebbe attribuito al caso un codice verde, “previsto per i casi poco critici, con assenza di rischi evolutivi e con prestazioni differibili”. Il tutto, “pur avendo saputo che la donna era in terapia psichiatrica e voleva suicidarsi”.

In tal modo, per il Pm, la sanitaria avrebbe cagionato la morte della donna, che non veniva visitata da medici, si allontanava dall’ospedale e si suicidava.

La paziente, infatti, dopo un periodo di attesa, era riuscita ad uscita dall’Ospedale. Giunta nei pressi di casa, si era tolta la vita gettandosi dalla tromba delle scale del palazzo di fronte alla sua abitazione.

La donna, secondo quanto emerso, era seguita da un centro di igiene mentale da circa un mese. Soffriva di una forte depressione, dovuta anche una catena di lutti ravvicinati: aveva infatti perso prima un fratello, poi una carissima amica e infine un altro fratello morto in un infortunio sul lavoro.

 

 

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