L’uomo, morto dopo una caduta dal letto, era ospite di una Comunità Riabilitativa Assistenziale Psichiatrica. Per i consulenti la sua patologia non richiedeva supporti contenitivi

Era morto dopo una caduta dal letto in una CRAP (Comunità Riabilitativa Assistenziale Psichiatrica) della provincia di Lecce, dove era ospite. Il fatto risale al 2014. L’uomo, un 67enne salentino, era stato trasferito d’urgenza presso il reparto di Neurochirurgia dell’Ospedale di Lecce, dove era stato operato. Per lui, tuttavia, non c’era stato nulla a fare.

La Procura di Lecce aveva aperto un’inchiesta per fare luce su eventuali responsabilità da parte dei sanitari nella vicenda. I familiari, in particolare, lamentavano possibili negligenze da parte del personale del CRAP, per l’assenza di barriere di contenimento al letto.

Nel registro degli indagati erano finiti i nomi di 17 persone. Tra loro anche l’equipaggio del 118 che trasportò il paziente a Lecce e l’equipe medica che lo ebbe in cura presso il nosocomio del capoluogo di provincia pugliese.

Al termine delle indagini, tuttavia, il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dal sostituto procuratore titolare del fascicolo. Ciò nonostante l’opposizione dei parenti della vittima, che chiedevano invece l’imputazione coatta.

Decisiva in tal senso sarebbe stata la consulenza medico legale.

Gli esperti incaricati, infatti,  avrebbero accertato che la vittima “non era un soggetto a rischio di cadute”. A loro parere, “l’evento caduta, in assenza di precedenti, appariva del tutto accidentale”.

“La diagnosi di demenza – continuano i periti- di per sé, non giustifica il ricorso a presidi contenitivi e/o a strategie specifiche ambientali da applicare in ottica di prevenzione”.

I consulenti hanno inoltre escluso profili di censura delle condotte del personale medico e sanitario operante presso la Crap anche in relazione alle attività di primo soccorso poste in essere dopo la caduta. L’uomo, si legge nell’ordinanza di archiviazione, fu operato a distanza di neppure 6 ore dalla caduta, dopo che fu accertata la gravità del trauma cranico.

Dunque, secondo la tesi del Pm, accolta dal Giudice, “non appare ipotizzabile una condotta alternativa che avrebbe evitato il decesso” dell’uomo. L’evento morte, infatti, è “imputabile ad una causa accidentale, non altrimenti evitabile”, non essendo prescritto in alcuna linea guida afferente le patologie dalle quali era affetto “che vi fosse un obbligo di predisporre supporti contenitivi”.

 

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