Il paziente era stato portato a cena fuori la sera prima dell’intervento nonostante il ricovero e la prescrizione del digiuno preoperatorio

Cinque medici dell’Ospedale di Perugia rischiano di finire a processo per la morte di un architetto di 49 anni che si era ricoverato spontaneamente, a luglio 2015, per un intervento ai tessuti molli del palato. Il Pubblico ministero ne ha richiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo perché “per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, e nella violazione della leges artis”, cagionavano la morte del paziente. L’uomo era stato sottoposto a un intervento chirurgico di turbino-settoplastica, tonsillectomia e uvuloplastica; dopo le dimissioni, avvenute il giorno successivo, veniva nuovamente ricoverato per delle complicazioni emorragiche. Morirà dieci giorni dopo a causa, riporta il Pm, di “un arresto cardiorespiratorio acuto da shock emorragico con inalazione di sangue nelle vie aeree”.
L’autopsia e le perizie medico legali disposte dalla Procura e dalla famiglia della vittima porterebbero a ritenere che nel decesso abbia giocato un ruolo determinante la pressione arteriosa del paziente. Secondo il Pubblico ministero i medici “non tenevano conto dell’elevata pressione arteriosa, circostanza che lo esponeva a un maggior rischio di emorragia”. L’otorinolaringoiatra avrebbe poi dimesso il paziente “senza misurargli la pressione, senza prescrivere alcuna terapia né segnalare l’accertata patologia nella scheda di dimissioni”. Inoltre, avrebbe “prescritto la somministrazione di un farmaco non congruo al rischio di sanguinamento, che si è poi manifestato e ha determinato il nuovo ricovero dl paziente”. Anche la gestione dell’emorragia non sarebbe stata adeguata con una non corretta applicazione dei punti di sutura.
Ma a destare ancor più scalpore nella vicenda sono stati altri elementi finiti nel fascicolo della Procura e relativi alla fase pre intervento. Il paziente aveva infatti un legame di amicizia con una delle dottoresse indagate la quale avrebbe coinvolto l’uomo, la sera prima dell’operazione, in una cena organizzata in compagnia di alcuni medici specializzandi, per poi concludere la serata in un pub. Il tutto, sottolinea il Pm nonostante il paziente “fosse già ricoverato in reparto e nonostante la prescrizione preoperatoria del digiuno”. L’uomo si sarebbe quindi alimentato “in maniera non consona rispetto all’intervento al quale sarebbe stato sottoposto il giorno seguente” e avrebbe addirittura “bevuto alcolici”. Della ‘fuga’ dall’Ospedale sarebbe stato a conoscenza anche il primario del reparto, che tuttavia non avrebbe fatto nulla “per impedire la goliardica e insana iniziativa”.
Secondo quanto riportato dal Corriere dell’Umbria, i familiari della vittima avrebbero chiesto un risarcimento di 1,1 milioni di euro e, indipendentemente dalle responsabilità penali, l’attivazione di provvedimenti disciplinari per i medici coinvolti. A tal proposito la Commissione disciplinare dell’Azienda ospedaliera starebbe valutando i comportamenti degli indagati in relazione al regolamento interno.
 
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