Chiesti due anni per ciascuno degli imputati finiti a processo per il decesso di un giovane salentino, morto per presunte responsabilità mediche nel 2014

La Procura di Lecce ha chiesto la condanna di sette operatori sanitari per il decesso di un giovane di 16 anni morto per presunte responsabilità mediche nell’ottobre del 2014. A giudizio sono finiti, nello specifico, una guardia medica, un medico dell’ambulanza, un operatore di pronto soccorso, due rianimatori, un internista e un neurologo. Per tutti il pubblico ministero ha invocato la pena di 2 anni per il reato di omicidio colposo. Nel corso dell’udienza preliminare, il gup ha invece disposto il non luogo a procedere per il medico curante della vittima.

L’inchiesta scaturì dalla denuncia presentata dai genitori del ragazzo, poi costituitisi parte civile nel procedimento assieme al fratello. La coppia sosteneva di avere chiesto il ricovero del figlio in ospedale, direttamente a Lecce.

Secondo quanto ricostruito dalla stampa locale il ragazzo, portatore fin dal primo anno di età di una malattia congenita conosciuta come “stenosi dell’acquedotto di Silvio” era stato colto da un malore a scuola. Era stato visitato una prima volta presso la propria abitazione e il medico di base gli avrebbe prescritto alcuni accertamenti senza tuttavia specificarne la priorità e l’urgenza. Il camice bianco, tuttavia, è stato prosciolto dalle accuse “perché intervento in momento in cui il paziente manifestava solo senso di nausea e un leggero mal di testa”.

Anche il medico di guardia, intervenuto poco dopo la mezzanotte del giorno successivo, avrebbe sottovalutato alcuni segnali, quali nausea, cefalea e tremori.

Il dottore si sarebbe limitato a un’iniezione di Plasil raccomandando l’assunzione di molta acqua. Qualche ora dopo, al peggiorare delle condizioni del giovane, sarebbe intervenuta un’ambulanza del 118. Secondo l’accusa, il medico a bordo avrebbe sbagliato diagnosi, ordinando il ricovero a Casarano anziché all’ospedale “Fazzi” di Lecce, dotato del reparto di Neurochirurgia.

I professionisti che presero in carico il paziente presso la struttura di destinazione, prima del trasferimento a Lecce, non avrebbero agito a loro volta nella giusta direzione. Il ragazzo, infatti, sarebbe stato sottoposto a una puntura lombare, ma il suo quadro clinico sarebbe ulteriormente peggiorato. Inoltre, sempre secondo la Procura, la risonanza magnetica sarebbe stata eseguita con grave ritardo. Il consulente incaricato dalla Procura avrebbe ravvisato, quindi, un nesso tra l’operato degli imputati e il decesso del giovane. Nella prossima udienza la parola spetta al collegio difensivo. La sentenza è invece prevista a febbraio 2019.

 

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