La Cassazione ha fornito precisazioni importanti sulla negligenza dell’avvocato, laddove questa provochi un danno al proprio cliente.

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell‘ordinanza n. 5653/2018 si è espressa sulla negligenza del legale e sull’onere della prova del cliente che subisce un danno.

Per i giudici, infatti, è onere della parte provare il danno e allegare elementi fondanti atti a dimostrare il nesso di causalità tra pregiudizio e inadempimento del professionista.

Non solo quindi bisognerà provare di aver subito un danno, ma anche che questo sia stato provocato dall’insufficiente o inadeguata attività del professionista.

Pertanto, non potrà l’assistito dedurre la negligenza del professionista senza produrre copie degli scritti e altri elementi necessari affinché il giudice possa valutare il nesso di causalità tra pregiudizio lamentato e asserito inadempimento.

Nel caso di specie, la Cassazione ha respinto il ricorso di una società nei confronti di un’associazione professionale. Quest’ultima aveva agito per il pagamento di alcuni onorari.

La cliente si è opposta al decreto ingiuntivo riguardante il pagamento delle spettanze. Inoltre, ha proposto anche domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno conseguente alla negligenza del legale, relativamente a un contenzioso avuto dalla società con un’altra impresa.

Il Tribunale ha parzialmente accolto l’opposizione, riducendo la somma richiesta dall’associazione.

Tuttavia, la domanda riconvenzionale della società è stata respinta. Ciò in quanto la produzione contenuta nel fascicolo di parte non avrebbe consentito di valutare la negligenza del legale.

Infatti, non erano state prodotte le copie degli scritti di entrambe le parti e la sentenza d’appello.

Tale assunto è stato confermato dalla Corte d’Appello. Questa ha evidenziato come le censure di parte fossero fondate su argomenti inerenti l’asserita erroneità della tesi difensiva proposta dal legale nel pregresso giudizio. Ciononostante, non contenevano alcun riferimento agli scritti difensivi delle parti in causa o a brani delle sentenze, e soprattutto formulate in termini di apodittico giudizio di negligenza, che non sarebbe potuto automaticamente discendere dall’esito sfavorevole delle cause.

In Cassazione, la cliente ha contestato al giudice a quo che la negligenza del legale non possa discendere apoditticamente dall’esito sfavorevole dei giudizi svolti.

Fatto inconferente rispetto alla questione posta. Inoltre, contestava di aver deciso ignorando le prove proposte e i fatti specificatamente non contestati.

Secondo la ricorrente, una volta allegata e addirittura provata la negligenza, sarebbe stato onere dell’associazione professionale dimostrare che non vi fosse stata alcuna negligenza professionale.

Ma su questo assunto la Cassazione non è stata d’accordo.

Per i giudici, in caso di responsabilità professionale, incombe al creditore danneggiato allegare lo specifico inadempimento idoneo ai fini della produzione del pregiudizio lamentato. Così come l’onere di provare la fonte negoziale dell’obbligo e il nesso di causalità fra l’inadempimento dedotto ed il pregiudizio.

Ne discende che, in tema di responsabilità civile del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall’insufficiente o inadeguata attività del professionista.

Nel caso di specie, come rilevato dal giudice di primo grado e poi confermato in appello, la negligenza del legale non poteva essere apprezzata.

Questo perché mancavano agli atti le copie degli scritti di entrambe le parti e la sentenza d’appello inerente la vicenda da cui sarebbe derivata la responsabilità del professionista.

Tale valutazione effettuata dal giudice di merito, spiega al Corte, attiene al difetto di specificità dell’allegazione dell’inadempienza.

Quest’ultima non comporta oneri probatori per il creditore, ma comporta l’onere di specifica inadempienza efficiente ai fini del pregiudizio. E, tale onere, risulta non assolto alla stregua della valutazione del giudice di merito.

Infine, l’insufficienza documentale non consente neanche la valutazione, sul piano probatorio, del nesso di causalità fra l’asserito inadempimento ed il pregiudizio lamentato.

Alla luce di tali conclusioni, il ricorso è stato rigettato.

 

 

 

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