La definizione di affittacamere va intesa in senso ampio comprendendo una pluralità di destinazioni e servizi nell’ambito della ricezione della clientela

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 7826 del 19 aprile 2016, si è pronunciato sul contenzioso tra due società, rispettivamente locatrice e locataria di un immobile, relativo alla destinazione d’uso che era stata fatta dell’immobile stesso. Il bene locato, infatti, era stato adibito a casa vacanze e veniva affittato per brevi periodi, in violazione, secondo la locatrice, del regolamento condominiale che vietava di destinare gli appartamenti locati ad attività di affittacamere. Peraltro, l’affitto dell’immobile aveva determinato, secondo la locatrice, “la lesione della tranquillità, della sicurezza e del decoro del condominio”, a causa del viavai di persone e degli schiamazzi dei turisti alloggiati, anche nelle ore notturne. La locatrice, pertanto, chiedeva al Tribunale di dichiarare illegittima l’attività posta in essere dalla locataria, intimando a quest’ultima la cessazione dell’attività di locazione dell’immobile.
Il Tribunale rilevava che effettivamente il regolamento condominiale vietava la destinazione degli appartamenti ad affittacamere o ad uso che potesse turbare la tranquillità dei condomini; il divieto, più in generale, era esteso poi alla destinazione delle unità esclusive dei condomini a ogni attività che potesse contrastare, fra l’altro, con la tranquillità del fabbricato. Il giudice, tuttavia, con riferimento al caso in esame osservava come occorresse preliminarmente stabilire il significato da attribuire al termine “affittacamere”, tenendo conto del fatto che il divieto posto dal regolamento condominiale trovasse la sua ratio nell’esigenza di tutela della tranquillità del fabbricato.
A tal proposito il Tribunale evidenziava come in base ai regolamenti regionali l’attività di affittacamere rappresenti una attività relativa a strutture gestite in forma imprenditoriale, composte al massimo da sei camere accessibili dallo stesso ingresso, dove vengono forniti servizi di alloggio ed eventualmente complementari. Tale attività, pertanto, ha pari natura ricettiva della casa vacanze, definita dagli stessi regolamenti “attività imprenditoriale o non che ha ad oggetto immobili arredati per l’affitto ai turisti, esclusa la somministrazione di alimenti e di bevande con contratti aventi validità non superiore a tre mesi consecutivi e non inferiore a tre giorni, laddove l’attività, come nel caso in esame, sia esercitata in forma di impresa”.
Nel caso in esame, dunque, la destinazione d’uso dell’immobile fatta dalla società locataria doveva essere ricompresa nelle attività vietate dal regolamento di condominio. In altre parole il termine affittacamere non poteva considerarsi tecnico e univocamente definibile, ma comprensivo di una pluralità di destinazioni e servizi nell’ambito della ricezione della clientela. Dal momento che le clausole regolamentari del condominio ponevano un divieto che riguardava ogni struttura ricettiva che, per le sue caratteristiche, consentisse “una rapida e continua rotazione della clientela”, il Tribunale concludeva che tale divieto comprendesse anche l’attività posta in essere dalla locatrice e che pertanto la domanda della società locataria andasse accolta.

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